Una nota della “Civiltà Cattolica”, rivista dei Gesuiti, ispirata ed approvata, a quanto pare, dalle “Superiori Autorità”, afferma che “è augurabile che il referendum di ottobre abbia successo”.
Il referendum di ottobre, non quello, per ora solo annunziato, sulle c.d. “unioni civili”. Per queste è da ritenere che il Vaticano ritenga doveroso rimanere neutrali. Così si direbbe se dobbiamo dar credito a Papa Francesco che, intervistato sull’aereo che lo riportava dall’America, proprio su quella legge allora in discussione in Parlamento, dichiarò che lui “non si occupava di questioni interne dello Stato Italiano, non solo, ma affermava anche di non ricordare che i Vescovi Italiani avessero fatto appello ai Parlamentari perché non votassero leggi del genere.
Ora non c’è dubbio che la Costituzione, e, specialmente quella parte di essa che riguarda gli organismi e l’organizzazione dello Stato siano tipiche questioni interne di ogni Repubblica.
Sembrerebbe, dunque che i Padri Gesuiti ed il Papa, che, non dimentichiamolo mai, è un papa gesuita (il primo nella storia) abbiano una singolare concezione di questo “non riguardarlo” e del principio della non interferenza, che, del resto è stato ed è contraddetto dalla storia recente e meno recente.
Alla nota del Padre Occhetta sulla “Civiltà Cattolica”, al suo augurio per il “buon esito” del referendum costituzionale (considerare “buon esito” la vittoria del Si è già più che significativo) verrebbe voglia di replicare che non è solo l’odierna dichiarazione del Papa (di cui, essendo il Papa, dobbiamo dire che ha, diciamo, “dimenticanze della verità”) che avrebbe dovuto sconsigliare questo suo intervento (la “Civiltà Cattolica” ha sempre avuto funzione di “portavoce officioso” del Vaticano, anche quando il Papa non era un Gesuita).
I Gesuiti furono i più agguerriti avversari delle Costituzioni e dei movimenti costituzionalisti che le invocavano nel secolo XIX. .
Sostenitori dell’assolutismo, predicavano che questo voler assoggettare, con le Costituzioni, ad una normativa, ad una legge sovraordinata, il funzionamento dello Stato, invece di rimetterlo al dovere di ubbidienza, senza riserve, al potere ed al volere del “sovrano legittimo” era un’eresia, un peccato mortale, opera di Satana etc. etc.
Ma “meglio tardi che mai”: un sincero cambiamento di opinioni e di atteggiamenti politici non può e non deve essere condannato in sé. Né vogliamo polemizzare con i Gesuiti e con chiunque altro, tirando fuori realtà che anche noi ci auguriamo essere sorpassate (se, no, poi Renzi ci liquida dicendo che siamo rimasti ad Hammurabi, che, però precede di millenni anche le “anticaglie” del pensiero dei Gesuiti).
Detto questo, dobbiamo subito notare che questa “nota”, malgrado l’autorevolezza della “Civiltà Cattolica” e del Vaticano cui essa fa da portavoce, non è certo un documento teorico, relativo al valore giuridico, né è espressione di un organismo che abbia funzioni, tradizioni e capacita scientifica in fatto di diritto costituzionale. Del resto oggi pare che sia in crisi anche il diritto canonico, in gran parte destinato a regolare il funzionamento della Chiesa e delle sue Gerarchie.
Ma la nota della rivista dei Gesuiti non pretende, in verità di affrontare seriamente i veri problemi posti dalla cosiddetta riforma costituzionale.
Direi, piuttosto che è espressione tipica della morale gesuitica (quella, cioè, della “morale facile”, dell’”opinione probabile, bersaglio delle mordenti critiche di Pascal. E, soprattutto, è espressione di un’antica, immutabile “strategia” gesuitica: quella di lusingare i potenti.
Che, in chiave moderna, significa vellicare il gradimento del Popolo (sovrano) e, soprattutto, i governi in carica, propinando sempre la soluzione “facile”, accattivante, ad essi più gradita. E, quindi “seguire la corrente” nell’intento di dominarla e farsene strumento di dominio.
Ciò detto, appare abbastanza coerente con tale tradizione gesuitica, oggi, la ricerca (e l’accettazione) del “nuovo”, senza farsi carico della intrinseca bontà, funzionalità, accettabilità, non pericolosità delle “novità”.
“Nuovo è bello”, la formula, in sé stolta, di una certa politica (o “antipolitica”) dei nostri giorni.
Ma è anche un atteggiamento in ordine ai problemi ed agli indirizzi ed intendimenti della Chiesa. Non vogliamo addentrarci in questo settore, sul sopravvento di una “Chiesa del gradimento”, che è obiettivo della politica di Papa Francesco. Ma, forse, anche in questa occasione, un raffronto tra il pensiero di Papa Ratzinger e quello di Papa Bergoglio non sarebbe del tutto inutile.
Dunque la “riforma” (tale cosiddetta) Renzi-Boschi, piace ai Gesuiti. Piace perché c’è “il nuovo”. Che, poi, ad esempio, nella indecifrabile e caotica distruzione del Senato ed in altri consimili baggianate, ci sia il caos anziché le regole, i Gesuiti trovino qualcosa di meglio aderente oltre che ai principi politico-costituzionali, alle tesi cattoliche, ed al “bene comune”, è manifestamente impossibile. Potrebbe esserci una rispondenza agli interessi cattolici meno confessabile, ma questa, oltre ad essere una maldicenza, è cosa che non può essere facilmente provata né noi vogliamo darla per scontata.
A questo punto, la domanda è questa: tale presa di posizione potrà avere effetto rilevante sull’esito del referendum?
In altri tempi le “disposizioni” del Vaticano e della “Civiltà Cattolica” erano determinanti per una massa imponente di cittadini e per un vastissimo assieme di organizzazioni.
La fine del dogma della “unità politica dei cattolici” rende molto problematica la possibilità di un atteggiamento compatto di adesione e di “ubbidienza”.
La ricerca di un “cattolicesimo di gradimento” ha fatto sì che, poi, certe mobilitazioni siano divenute impensabili e che la diversità di atteggiamenti, tra i cattolici e nelle stesse Gerarchie, sia sempre più marcata.
Resta, naturalmente, il peso di certe organizzazioni, di formidabili interessi, numerosi “centri di potere” e, soprattutto, il fatto che taluni ambienti cattolici di un certo indirizzo, sono permeati dallo spirito e dalla cultura, propria di una certa Sinistra, dalla tendenza, appunto, al “nuovismo” come valore in sé positivo e, in generale, verso forme del peggiore sinistrismo. Ma probabilmente negli ambienti “cattolici” in senso politico, il rigetto per tale abito mentale è più diffuso di quanto si creda.
Ritorneremo sull’argomento.
Mauro Mellini