Il referendum sulle riforme costituzionali resta la questione più importante oggi sul terremo della politica italiana. O meglio: è già la questione più importante, anche se non tutti sembrano non rendersene conto.
E’ in giuoco, infatti una questione di regime.
Il voto di ottobre sarà: SI o NO al regime.
Qualcuno, affetto da un pericoloso accesso di ottimismo, prova a sostenere che parlare di “regime renziano” è un’esagerazione, un’impossibile ingigantimento di una figura, tutto sommato, scialba e di scarsa consistenza. La valutazione del personaggio è più o meno esatta. E’ sbagliato però volerne dedurre che attorno a lui non si stia creando un “regime”, qualificabile come “renziano”, un regime che poco o nulla ha a che vedere con le istituzioni democratiche e liberali.
Personaggi scialbi, “tutte chiacchiere e distintivo” (cioè carica che li qualifica così) hanno creato “regimi” avvilendo libertà e democrazia. Se ci fu Napoleone 1°, il Grande, ci fu anche Napoleone (III) il Piccolo, come lo chiamava Victor Hugo.
Renzi ha saputo profittare della crisi profonda della democrazia nel nostro Paese, del disfacimento dei partiti (tutti modellati sullo stampo leninista). E’ proprio la preoccupazione che la sua sorte sia legata al permanere di questa crisi, di questo vuoto, che lo ha spinto a cambiare il giuoco (o, piuttosto, a cercar di sopprimere le regole del giuoco o, magari a crear delle regole che sopprimano il giuoco).
Questo intendimento è l’unico relativo ad un futuro non immediato. Per il resto Renzi vive alla giornata. E’ una favola quella dell’uomo che ha dato alla Sinistra i contenuti ed i programmi della Destra (ce ne sono, purtroppo di esempi di questo “trasformismo” nella nostra Storia).
Renzi ha dato alla Sinistra, a quel che ne resta, al nome più o meno usurpato di essa, il contenuto del “sentito dire” populista ed “antipolitico”. Mentre ha rastrellato voti quale “diga” (ricordate la “diga” D.C. dell’anticomunismo?) rispetto all’antipolitica dei trinariciuti grillini, Renzi vive e sopravvive degli stessi miti del cinquestellismo a cominciare da quello del “cambiamento”.
“Cambiare è bello” è, di per sé, una solenne sciocchezza. Cambiare per lasciare le cose (o il peggio delle cose) quali esse sono è ancor peggio: una truffa pericolosissima.
Mauro Mellini