Seguo con apprensione l’evoluzione (sperata) del pensiero di Giuliano Ferrara e dei suoi epigoni “Foglianti” su Renzi, il renzismo e la resistibile marcia verso il partito monocratico.
Ho sotto gli occhi l’articolo di Claudio Cerasa di lunedì 18 gennaio su “Il Foglio”, di cui ora è direttore.
Spero sempre, per il mio affetto per Giuliano e per gli Amici del suo giornale, che la loro scelta renziana arrivi ad una svolta.
Una svolta ad U. Non è questione di sopravvalutazione dell’atteggiamento verso un governo ed un partito. Giuliano Ferrara non è per me e, ritengo, per molti altri un giornalista ed uomo politico qualsiasi. E l’atteggiamento suo verso il Renzismo non è una qualsiasi propensione per uno dei tanti governi di questo nostro Paese. C’è in questa ricerca di un “approdo”, che considero sciagurato, la deleteria inquietudine vitalistica del liberalismo italiano, travolto dalla mania del “nuovo”.
Di un “nuovo”, se non proprio “purchessia”, certo non è chiaro e meditato. Un’inquietudine che travolse già, con il liberalismo post risorgimentale, le libere istituzioni e la libertà d’Italia. Sento un’aria gelida e mefitica: quella che dopo la prima guerra mondiale (ma i sintomi c’erano stati da anni) spinse, in nome del “nuovo” del superamento dell’immobilismo, della ricerca di una nuova via per salvare certi “valori” trascurati, vilipesi e obsoleti, ad accettare la vacuità e la sciagura del “vitalismo” fascista.
Ci sono troppe coincidenze con la situazione attuale. C’è la falsa Sinistra che esprime le tradizionali e peggiori tendenze della Destra, c’è l’insofferenza per le regole di salvaguardia delle libertà.
E c’è un vuoto morale, magari camuffato da spicciativo moralismo. Ed un vuoto politico, che, però, pretende di sostituirsi al vuoto lasciato e dai fallimenti delle ideologie di una Sinistra esausta e sconfitta.
Leggendo l’articolo di Cerasa, mi sembra di percepire un tentennamento rispetto alla scelta renziana, fatta invece da Giuliano con quel piglio di simpatica brutalità che è proprio del nostro Amico.
Cerasa sembra compiacersi della metamorfosi della Sinistra realizzata (si fa per dire) da Renzi. Ne dà un’interpetrazione particolare che sembra usata per non incorrere troppo facilmente, chissà, in un’accusa di “tradimento” di precedenti propensioni. Il P.D. “Partito della Nazione” sarebbe, in sostanza il Patto del Nazareno. Tanto per non urtare troppo Berlusconi. Certo, Cerasa avverte che dichiararsi per il “Partito della Nazione” evoca bruttissimi ricordi, ché la Nazione è sempre stata tirata in ballo da chi voleva disfarsi del patrimonio etico-politico liberale. “Ma è oramai nella testa degli elettori”. Che volete farci?
Direi che un certo pudore Cerasa lo manifesta, evitando di dire chiaramente che il “nuovo”, il nuovo renzismo è bello e che dobbiamo adottarlo. Non dice che s’ha da votare Si al referendum confermativo della rottamazione costituzionale. Ma afferma che se non “abbiamo nella testa” il Si renziano e pattonazarenista, verremo a trovarci in pessima compagnia: con Rodotà, Zagrebelsky e pure con Magistratura Democratica. Insomma, chi non accetta la “convergenza programmatica con Renzi” peste lo colga!
Quale sia il “programma” renziano pare, quindi, che non conti molto. Che la Costituzione rottamata, il suo sfascio sconclusionato sia comunque peggio di questa nostra Costituzione opaca e non priva di equivoci, non conta. Conta la “novità”.
Imboccata la strada del vitalismo, del “superamento” di quel po’ di liberalismo che ci rimane, non conta più nulla. Specie per chi pensa che invocare il fatto che oramai ciò “è nella testa degli elettori”. C’è chi invoca “la storia” come giustificazione delle proprie inerzie, delle proprie scelte, delle proprie acquiescenze.
Una giustificazione tutt’altro che nuova: lo storicismo di una storia che piove dal cielo, che sono gli altri a farla.
Peccato. Peccato che Ferrara, i “Foglianti” ed altri, cui non manca certo l’intelligenza e la volontà di capire, se ne servano per farne a meno.
Peccato.
Mauro Mellini