Le autorità italiane cercano di minimizzare. Il primo tepore primaverile induce al dolce dormire. Un “dolce dormire” che segue ai lunghi mesi di letargo invernale e che rischia di trasformarsi in un coma profondo.
Nonostante i gravi fatti di sangue che hanno sconvolto i paesi interessati dalla guerra promossa dallo Stato Islamico e quelli più recenti che hanno riguardato l’occidente ed il Nordafrica, l’Italia, secondo i nostri politici, sembra essere avulsa da tale contesto.
Come se l’Italia non si affacciasse sul Mediterraneo, come se sul nostro territorio non ci fosse la presenza di estremisti islamici, falsi imam e reclutatori di jihadisti.
Uno scenario non molto diverso da quello della Francia ante Charlie Hebdo, quando furono i kalashnikov dei terroristi a suonare la sveglia ai dormienti francesi, lasciandosi dietro una scia di sangue.
Finora le parole del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, sono sempre state molto rassicuranti nel minimizzare il fattore rischio per l’Italia. Difficile crederlo.
Quanti sono i “foreign fighters”, i jihadisti stranieri che dall’Europa hanno raggiunto la Siria e l’Iraq per combattere sotto l’egida dello Stato Islamico? Quanti quelli partiti dall’Italia? Quanti di loro hanno fatto ritorno nel nostro paese?
Le statistiche, per quanto riguarda l’Italia, stimano in poche decine di unità il numero di questi terroristi. Circa una sessantina. Eppure, simpatizzanti e supporter dell’ISIS fino a qualche mese fa sui social network si contavano a centinaia. Una situazione simile, seppur meno grave, a quella francese che contava 400 appartenenti a Sharia4France presenti sui social network, quando il presidente Hollande convocò una conferenza stampa per annunciare, tutto tronfio del fatto, l’allontanamento di un algerino ritenuto “vicino a gruppi terroristici”. Contento lui…
Ignorati passarono i video appelli a colpire la Francia, così come tutti i segnali che lasciavano presagire i luttuosi eventi che seguirono. Ignorati dalle autorità ma non dai “lupi solitari”, i terroristi che risposero all’appello con le conseguenze che ben conosciamo.
Allarmanti similitudini con quanto accaduto giorno 18 al museo Bardo di Tunisi. Anche in questo caso, a suonare la sveglia, falcidiando ignari turisti, tra i quali quattro italiani, sono stati i kalashnikov dei terroristi.
A comprendere che obiettivo dell’attentato potesse essere il museo e non il parlamento tunisino, come si ipotizzava, il giornalista Toni Capuozzo.
“Era quello che sostenevo dalle prime ore – scrive oggi Capuozzo sulla sua bacheca di Facebook – Il viceministro Lapo Pistelli, richiesto di un parere in merito, rispose con sufficienza che ognuno poteva dire quel che voleva, l’onorevole Quartapelle definì le mie ipotesi “fantasiose”, i media parlarono in coro di attacco al Parlamento e Museo come ripiego. Uno sciocchino, @paoloba33, su twitter, mi definì “sciacallo”. Su Radio24 due persone che non conosco, Nicoletti e Ballardini, dissero di un Capuozzo “che commenta seduto sul divano, con la sua birra in mano”. Mi limiterò a osservare che il tempo è galantuomo”.
E il tempo galantuomo lo è per davvero. Lo Stato Islamico, come reso noto giovedì dall’emittente televisiva France 24, con un messaggio ha precisato che l’obiettivo dell’attacco terroristico di mercoledì a Tunisi, è stato sempre il museo e non il vicino Parlamento.
È arrivato il momento che nel nostro paese chi ha ruoli di responsabilità cominci a svegliarsi prima che sia il rumore sordo di un kalashnikov ad interrompere sogni ed onanismi mentali.
Dal canto loro, Nicoletti e Ballardini, potranno continuare a commentare seduti sul divano, con la loro birra in mano…
Gian J. Morici