In questo periodo di crisi economiche successive e di tagli drastici nei budget “sociali” degli stati/nazione, la corsa alla privatizzazione dei servizi pubblici diventa un buon espediente per stringere i cordoni della borsa. Qualcuno griderebbe al “liberalismo selvaggio” e probabilmente non si sbaglierebbe.
A questa corsa a chi spende di meno per la Cosa Pubblica si è aggiunto, da qualche anno, il ricorso da parte dei governi alla beneficenza privata per sostenere i cittadini più deboli. Questa tendenza a usare sponsor privati per finanziare la protezione sociale è sempre più diffusa tra gli stati d’occidente, e ci arriva dai soliti Stati Uniti.
In America è cosa normale fare ricorso a donazioni private per a volte risolvere i problemi dello stato. Nel 2013 ad esempio, repubblicani e democratici non riuscendo a mettersi d’accordo per l’aumento del budget del debito pubblico, mandano in corto circuito il sistema sociale del paese. Un “provvidenziale” dono privato di molti milioni di dollari permetterà di uscire dall’empasse e di pagare i “servizi pubblici non essenziali”! In Italia non si arriva a questi estremi anche perché lo stato italiano trova normale “delegare” una parte dei “servizi sociali di vicinanza” alla tentacolare organizzazione contro-statale del Vaticano, e soprattutto a scaricare molte cose sulle già cariche spalle della famiglia italiana…
Dalla “carità di Stato” alla Carità al posto dello Stato? Dalla previdenza alla “Provvidenza” sociale, insomma, come direbbe il mio caro padre, nato sotto una monarchia, cresciuto sotto una dittatura , diventato adulto sotto una repubblica… le ha provate tutte. Il mio caro padre mi ha insegnato a non rubare perché non si fa, che non si compra a credito se non te lo puoi permettere (a parte la casa), a diffidare degli sconosciuti e soprattutto dello stato. In Italia sembra dominare il concetto dell’aiutati che Dio t’aiuta, qualunque cosa si intenda per “Dio” ovviamente.
Sarà per questo che la sfortunata frase del Ministro delle Finanze Francese Macron: “Se fossi disoccupato non mi aspetterei tutto dagli altri, cercherei di battermi”, che tante polemiche ha provocato oltralpe non mi ha sconvolto più di tanto in quanto italiano.
Ma qui siamo in Francia. Qui anche la “carità” la fa lo stato. La Chiesa o chi per essa, è pregata di restarsene in parrocchia o deve avere un’autorizzazione prefettorale anche per fare l’elemosina, almeno ufficialmente. Non si spintona lo “stato provvidenza” impunemente, ma ancora per quanto? Le cose cambiano, tra crisi economiche e mondializzazione galoppante, gli stati fanno fatica ad assicurare le coperture a cui 40 anni di crescita economica e conquiste sociali ci hanno abituati. Il ricorso alla beneficenza privata per aiutare la Cosa Pubblica non è certo una vergogna, anzi è la benvenuta, ma la carità non è giustizia…
Fermo restando che aiutare il bisognoso è un gesto più che rispettabile, la carità conviene molto anche a chi la fa perché evita di rimettere in discussione l’ordine sociale, e favorisce le azioni delle organizzazioni religiose che ne approfittano en passant, per fare proselitismo e tenersi stretto il proprio bacino di fedeli. La carità permetto al ricco di sentirsi “buono” e intanto scarica dalle tasse la donazione fatta, e permette allo stato di evitare di prendersi le proprie responsabilità nei confronti dei cittadini in difficoltà. Come direbbero i nostri cugini d’oltralpe: Affaire à suivre…
Massimo Tretola