Questo in estrema sintesi il senso della sentenza di prescrizione con cui la cassazione ha cancellato la condanna a diciotto anni prima inflitta al padrone dell’Eternit l’industriale svizzero Stephan Schmidheiny. Vista la mole delle prove prodotte, nel corso dei decenni d’iter processuale, la magistratura ha dovuto riconoscere che l’imputato e la dirigenza dell’Eternit sono colpevoli in quanto: ” con coscienza e volontà cagionava la morte di lavoratori operanti, familiari, cittadini residenti dal giugno 1976 al giugno del 1986. Condotta ed evento coincidono”. La decisione della Corte di Cassazione annulla le condanne precedenti e con esse anche i risarcimenti che spettano ai parenti delle vittime. A oggi la cifra dei morti per amianto purtroppo è di 3000 persone, 1700 dei quali a Casale Monferrato, dove si trovava uno dei quattro stabilimenti dove si produceva o si scavava il minerale responsabile del mesotelioma, il letale carcinoma.
Nonostante la prescrizione che, nei fatti, ha assolto Stephan Schmidheiny e la sua azienda, il business dell’ Eternit continuerà la sua strage, al ritmo di un morto la settimana. Un eccidio che si aggraverà intorno al 2020 quando è previsto un picco dei decessi legati a questo tumore. Allora perché questa sentenza di prescrizione ?La motivazione tecnica con cui la Corte di Cassazione giustifica quest’oggettiva assoluzione poiché i fatti risalgono a un periodo compreso tra il 1976 e il 1986. Ma la strage continua, le particelle di amianto sono tuttora presenti nei terreni e negli edifici dei territori inquinati dall’Eternit di Stephan Schmidheiny e del deceduto barone belga Luis De Cartier. La motivazione reale di questa prescrizione è che questo Stato di affaristi e politici corrotti non condanna i suoi pari neanche di fronte all’evidenza del crimine commesso, per questo nelle aule di tribunali il profitto ha la meglio di fronte alle vite umane e al disastro ambientale. A ricordarlo in aula, gridando vergogna all’indirizzo dei giudici c’erano i familiari degli operai della Thyssen Krupp di Torino, bruciati vivi perché la dirigenza dell’azienda tedesca non aveva investito nei necessari sistemi di sicurezza. Occorrono leggi a tutela del lavoro, che garantiscano orari, luoghi e regole che consentano ad uomini e donne di essere tali e non una variabile del profitto. E’ necessario l’aumento delle risorse per gli ispettorati del lavoro , più uomini e mezzi per la prevenzione.
Chi inquina chi uccide deve essere condannato e risarcire il danno ai lavoratori, ai cittadini e all’ambiente.
Aldo Mucci