Non si tratta di un argomento faceto ma della spiegazione del perché i jihadisti si mostrano spesso con teneri gatti o mettono foto di gatti ai loro profili twitter.
Il profeta Maometto era tenero e gentile nei confronti dei gatti, gli piacevano. Aveva anche un gatto preferito: Muezza.
Un giorno, al momento della preghiera, Muezza stava dormendo su una manica dell’abito del Profeta. Piuttosto di disturbarlo, Maometto tagliò la manica per lasciare dormire il suo micio.
Si racconta che il Profeta accarezzò quindi tre volte il gatto garantendogli così sette vite e la capacità di cadere sempre sulle proprie zampe. Ed àncora oggi i gatti cadono così, come dice la leggenda.
Egli era così legato al suo gatto che quando faceva i sermoni permetteva a Muezza di stargli in grembo. Beveva anche l’acqua, o faceva le sue abluzioni, dove ’aveva già bevuto il suo gatto. Sembrava trattare il gatto come tutti gli odierni amanti dei gatti solo che oggi anche i più grandi appassionati ci pensano due volte prima di bere la stessa acqua per paura della trasmissione di malattie tramite la saliva dell’animale.
L’Islam insegna di trattare bene i gatti perché il gatto è una creatura da curare ed amare. Maltrattare un gatto è un peccato grave.
Si pensa che non possa succedere nulla se si beve la stessa acqua di un gatto purché questi non abbia impurità in bocca. Lo stesso si racconta per il cibo perché il gatto non è sporco e impuro.
Insomma, il gatto nell’Islam sembra avere un valore quasi sacro. Non può essere venduto per soldi né in cambio di beni. I musulmani possono vivere con dei gatti ma devono trattarli bene, stare attenti che il gatto abbia abbastanza acqua e cibo e possa muoversi liberamente.
Non deve quindi meravigliare se in questo periodo in cui i militanti jihadisti riempiono i nostri schermi o le pagine del web, i gatti fanno ancora più apparizioni. Già noi “miscredenti”, come ci chiamano, siamo in adorazione dei nostri felini che postiamo su Facebook e dei quali ci raccontiamo vicendevolmente gli aneddoti. Ecco, i guerrieri jihadisti, anche armati fino ai denti, postano le proprie foto con il micino sul fucile, in pose tenere che possono lasciare perplesso chi segue l’attualità fatta di esecuzioni, bombardamenti, attentati. No, il gatto è semplicemente un simbolo e come tale stracurato.
I nostri mici hanno in più solo la fortuna di non vivere in territori di guerra, per il resto sono uguali, ossia i padroni dei divani, dei nostri migliori pullover nei quali infilano gli artigli se solo provi a spostarli, devono assaggiare il cibo prima di noi, soprattutto se si tratta di pesce e c’è anche chi non riesce finire uno yogurt senza che l’amato compgno di vita gli ficchi dentro una zampa. Ed alcuni dei nostri pelosini, nonostante il detto che un gatto casca sempre in iedi, a volte cadono rovinosamente. Soprattutto da quando gli abbiamo sotituito i vecchi televisori con quelli a schermo piatto, senza avvertili prima.
Ecco svelato il mistero del gatto dello Jihadista.
Luisa Pace
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