Come avevamo già annunciato questa mattina, lo Stato Islamico ha messo in rete il quarto video-appello del giornalista britannico John Cantlie. Prima di andare ai contenuti del video, ritengo importante fare alcune premesse.
Vi abbiamo promesso che vi avremmo tenuti informati su quello che sta accadendo in Iraq, Siria, Libia, Yemen e altre nazioni ed è nostra intenzione tener fede alle nostre promesse.
Non c’è però alcun dubbio sul fatto che non si può fare da cassa di risonanza ad un gruppo terroristico che ha compreso le potenzialità di internet come strumento di propaganda ed intende utilizzarle secondo logiche, capacità e raffinatezza del messaggio tipiche delle più grandi multinazionali o dei grandi lobby politiche.
L’ISIS sta adattando strategie mirate a delegittimare i governi occidentali, nelle persone dei rispettivi capi di governo, per evitare un intervento che ponga fine alla guerra in corso.
Si tratta di tattiche di intimidazione dirette ai governi ed ai popoli della nazioni occidentali e nulla nei messaggi dell’organizzazione è lasciato al caso.
Già in precedenza altre organizzazioni terroristiche ci avevano provato, ma senza riuscire a conseguire i risultati sperati. I video dello Stato Islamico, così ricchi di simbologie e riferimenti religiosi, rappresentano il salto di qualità di un’organizzazione terroristica che mira a costituire qualcosa di più concreto e ben più pericoloso di quanto avvenuto finora.
Lo stesso titolo del video di Cantlie, “Lend Me Your Ears”, di shakespeariana memoria, è evidentemente il risultato di uno studio di comunicazione molto accurato…
Tutto è studiato: dall’ambientazione della ripresa, allo sfondo, all’apparente tranquillità del protagonista che dovrebbe convincere chiunque ascolti il messaggio o ne legga la trascrizione, della responsabilità che hanno i paesi della coalizione internazionale in guerra contro l’ISIS e della legittimità di quest’ultimo a reagire all’aggressione dell’Occidente.
La Fondazione Furqan che sta promuovendo i video dello Stato Islamico, sta adottando nei suoi messaggi le tecniche di un giornalismo credibile ed il linguaggio di una comunicazione semplice, incisiva e adatta anche ai social network.
Nel suo primo video, Cantlie annunciava una serie di sette episodi affermando che, riferendosi alla guerra, tutto poteva cambiare. Dopo aver visto anche questo video, siamo ormai certi che tanto il primo, con il quale anticipava gli appelli, quanto questi quattro videomessaggi messi in rete, sono stati registrati lo stesso giorno e nella stessa circostanza. Questo crea notevoli dubbi in merito alla possibilità che l’ostaggio sia ancora in vita. Difficile credere alle promesse di un uomo costretto a farle e che forse oggi non potrebbe più né farne di nuove né rimangiarsi le stesse.
Vi invitiamo pertanto ad essere critici nella lettura di quanto riportiamo e tratto dal video.
John Cantlie si presenta come negli altri video, ossia il giornalista britannico rapito in Siria due anni fa ed abbandonato dal suo governo.
In quanto dichiara non c’è nulla che faccia riferimenti a fatti nuovi avvenuti dopo la messa in rete del primo video e questo, unitamente alle immagini che vi proponiamo, i cui dettagli indicati in rosso confermano la teoria secondo la quale la videoregistrazione avvenne in un’unica circostanza, avvalora il dubbio che i videomessaggi siano già stati tutti registrati compreso probabilmente quello finale.
In questo video, John Cantlie si riferisce prevalentemente all’uso dei grandi media occidentali, per il quale lui stesso ha lavorato, da parte dei politici e viceversa. Dice che i media internazionali cercano di influenzare la gente su questa guerra impossibile da vincere. Il tutto come se la gente non avesse memoria ed abbia scordato l’intervento in Afganistan quando siamo già alla “Terza Guerra del Golfo”. Continua riportando le parole di Obama che ha detto che si tratterà di un progetto a lungo termine e che è necessario creare una vasta coalizione internazionale. Non è la stessa retorica, ha detto Cantlie, della scorsa guerra in Afganistan e dell’invasione dell’Iraq nel 2003. Ha continuato con, come sfondo, immagini di manifestanti americani senza lavoro e dalla vita precaria, dicendo che la gente normale è più interessata ai problemi quotidiani che ai conflitti geopolitici in paesi molto lontani. Ha citato il New York Times che aveva riportato la frase del Segretario di Stato americano John Kerry “Siamo abituati a distruggere lo Stato Islamico”. Ha citato anche i commenti di altri politici.
Ha riportato le solite critiche e gli attacchi al Presidente americano che autorizza la difesa di minoranze religiose come gli Yazidi e per questo pende migliaia di dollari in interventi aerei ma, “ironia vuole” che non è intervenuto quando Assad ha usato armi chimiche contro il suo stesso popolo. Gli americani possono bombardare l’Iraq, ma non distruggere lo Stato islamico. Nel frattempo gli USA hanno inviato truppe per proteggere l’aeroporto di Bagdad chiamati dallo steso governo iracheno.
L’accusa verso i media occidentali sarebbe quella di fare una guerra mediatica influenzata dal potere. Dà inoltre una stoccata sotto il profilo economico agli USA dicendo che i Mujaheddin possono stare seduti a guardare un paese in bancarotta combatterli.
Ritorna al Presidente Obama, asserendo che è stato molto criticato per il suo comportamento esitante al momento di armare le truppe dell’opposizione al governo siriano. Nel frattempo lo Stato Islamico ha esteso la sua area dando la possibilità al Presidente americano di sembrare più duro nei media.
Infine, Cantlie ha dichiarato che ogni presidente americano ha avuto la sua guerra e che questa è quella di Obama. Ed ai media piace questo perché se i “governi hanno bisogno dei media, i media hanno bisogno dei governi”
In sintesi è quanto è stato fatto dire a John Cantlie per tentare di screditare l’azione della Coalizione anche agli occhi dell’opinione pubblica.
L’ISIS sta usando un giornalista occidentale per diffondere la propria propaganda in danno degli stessi media di carattere internazionale per i quali lo stesso Cantlie ha lavorato. In realtà l’ISIS, con i suoi videomessaggi, i suoi comunicati stampa e le sue riviste sta facendo esattamente quello di cui accusa gli “occidentali”.
Luisa Pace