Mi chiamo Alessandro Sardone, ho ventotto anni e sono di Agrigento.
Questo l’incipit delle centinaia di lettere di presentazione inviate, a corredo di altrettante copie in pdf della versione europea del mio curriculum vitae, in risposta a questo o quell’annuncio di lavoro nella speranza di un riscontro positivo capace di fornire una collocazione quanto più stabile e duratura possibile all’interno dei processi produttivi di questo paese.
Nelle prime ore di questo pomeriggio mi ritrovo a compilare il modulo di adesione al Piano Giovani Sicilia, promosso dall’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale nella persona della mia quasi coetanea pubblica amministratrice Nelli Scilabra. Mi sento un po’ a disagio, considerata la mia scarsa fiducia in questo dispositivo atto ad arginare la disoccupazione giovanile in terra di Sicilia, motivata dal fatto che più che un canale privilegiato per l’inserimento nel mondo del lavoro, considerata la retribuzione, sembra la legittimazione di sei mesi di lavoro nero: un lavoratore in azienda per sei mesi a cinquecento euro al mese. Ma perché precludermi questa possibilità? “Rutta pi’ rutta”, come sono adusi esclamare i frequentatori dei lussureggianti, verdi giardini che circondano l’Università di Oxford.
Ecco che superata la prima fase, quella relativa all’anagrafica, mi trovo davanti alla sezione “esperienze lavorative”. “Bene – penso tra me e me – cominciamo a travasare il contenuto di quattro pagine di curriculum all’interno del portale”. Clicco su “aggiungi”, poi su “tipo esperienza”… e cominciano i problemi. In quale categoria rientrano i lavori in nero? Apprendistato? Contratto di collaborazione, forse? O magari lavoro a tempo determinato? Accessorio? Autonomo? Tirocinio?
Sulla mia testa, come in fumetto, si materializza un grande punto interrogativo. E allora, figlio della generazione dei social network, mi viene più che naturale condividere il quesito sulla mia bacheca di Facebook. Il risultato è esilarante: tanta confusione e poche certezze: tra queste, quella di incappare nella falsa testimonianza nel caso in cui si optasse per una delle opzioni proposte nel vano tentativo di inserire un’esperienza lavorativa al di fuori della legalità. Ora, il problema è questo: non sono certo l’unico ad avere un civvì infarcito di esperienze “in nero”… cosa dovremmo fare? Rinunciare, cornuti e mazziati, all’esperienza accumulata sul campo? Inserirla comunque, commettendo un illecito? Perché qui non si sta consegnando brevi manu una fotocopia del nostro curriculum ad un potenziale datore di lavoro, si sta compilando un modulo ufficiale!
Qualche mio concittadino impegnato in politica ha mostrato di non aver gradito la mia pubblica esternazione. Dunque, dovendo in qualche modo poter ricevere una risposta da qualcuno, pongo la domanda alle testate giornalistiche della mia città, ai miei coetanei, ai miei concittadini tutti.
Alessandro Sardone