Il tracollo del Brasile, perchè non è solo calcio
di Ettore Zanca
Il tracollo del Brasile è molto più che una sconfitta disonorevole sul campo. Ma non ci vuole un genio per capirlo, basta fare i conti della serva. Il Brasile ha voluto l’organizzazione di questi mondiali nel 2007. Un periodo in cui l’economia era in pieno boom. Per garantire l’assegnazione dei mondiali, si deve investire in risorse interne, anticipando di tasca propria. La rabbia del popolo brasiliano si fonda proprio su questo, nel vedere tirare fuori le banconote per stadi e infrastrutture che dopo i mondiali saranno dinosauri in estinzione. Ma c’è di peggio, l’investimento è stato di 14 miliardi di euro, poi diventati 17. Ciò significa che si sperava che i mondiali facessero un ritorno economico di almeno il doppio. E invece non è stato così. Il ritorno è stato di poco più della metà. Da questi conti della serva viene fuori come un paese, il Brasile oggi, la Grecia ieri con le olimpiadi, pagheranno per i secoli futuri ,la crisi economica di un investimento sbagliato. Una scelta fatta quando la situazione era felice. Il capestro poi è peggio di quanto si pensi. Proporre la propria candidatura e poi ritirarla dopo l’assegnazione, dà luogo a penali inenarrabili per tutti i contratti pubblicitari, con multinazionali che fino a che non vedono tutto pronto non scuciono. Altro che Maracanazo, la sconfitta del 1950, dove l’Uruguay vinse i mondiali in casa verdeoro (non ancora tali, lo diventarono dopo la tragedia), stavolta sarà più dura da digerire. Allora si disse che le maglie venivano cambiate per superstizione, si passò dalle bianche alle verdeoro, non oso pensare quale colore sceglieranno da ora in poi, forse il nero. intanto i disordini sono già cominciati, tra poco si spegneranno i riflettori e la loro sarà una rivolta sociale ignorata.