L’Ebola in Italia miete già vittime. L’epidemia si è diffusa in quasi tutta la nazione. A differenza del virus che in Guinea ha già provocato un numero elevato di decessi, in Italia, al momento, le uniche vittime accertate sono quelle cerebrali.
Mentre in tutto il mondo cosiddetto “civile” da settimane si guardava con apprensione agli sviluppi dell’epidemia in alcuni paesi africani – senza per questo generare inutili allarmismi – in Italia calava la coltre di silenzio. Silenzio da parte delle istituzioni, silenzio da parte dei media. Da alcuni giorni invece assistiamo ad una caccia all’untore senza precedenti. Colpevole, la massiccia affluenza di migranti provenienti dall’Africa. Gli italiani, come sempre, si dividono in tifoserie degne delle migliori partite di calcio di serie A. L’informazione, più o meno ufficiale, propone i diversi scenari e le diverse soluzioni al problema. Si va dall’incubo di una pandemia che provocherebbe chissà quanti morti, al “non c’è nessun problema. L’Ebola non può arrivare nel nostro paese!”.
Le due linee di pensiero – sempre che esistano ancora delle menti pensanti – propongono diverse soluzioni. Gli appartenenti alla prima categoria, quelli il cui cervello è già stato annientato da tempo dal complotto-virus, suggeriscono la “cacciata dello straniero” e, poco ci vuole, la possibilità di affondare i barconi dei migranti prima che arrivino sulle coste siciliane. Forse nelle loro menti bacate (poveretti, la colpa non è loro ma del complotto-virus) si è fatta strada anche la possibilità di utilizzare napalm e fosforo bianco per risolvere il problema alla radice. Un po’ di milioni di tonnellate di bombe sul continente nero, per costoro rappresenterebbero la soluzione ideale. Senza contare il fatto che una soluzione di questo tipo potrebbe rappresentare il volano di un’economia in crisi dalla quale sembra difficile uscire. Città da ricostruire, produzione (armi, mezzi ecc) e una risposta immediata al problema della sovrappopolazione del pianeta. Una soluzione alla quale i “cervelli in pappetta” pensano ma che, per fortuna, non hanno il coraggio di esternare.
C’è poi la seconda tifoseria. Dagli spalti dell’ottimismo, così simile a quello dei berlusconiani che applaudivano quando l’ex premier dichiarava che l’Italia non avrebbe subito la crisi, che i ristoranti erano pieni e che gli italiani non avrebbero perso un solo centesimo (tutti abbiamo visto com’è finita…), si leva il coro “aggiungi un posto a tavola che c’è un problema in più…”. Farà più vittime l’Ebola o distruggeranno più cervelli i complotti-virus e bempensanti-virus? Difficile fare pronostici. Se infatti non ha senso ingenerare inutili allarmismi, come accade in questi giorni, altrettanto folle è quell’eccesso di ottimismo – o timore di creare il panico – che spinge ad ignorare il problema. Una qualsiasi mente pensante, normodotata, arriverebbe alla conclusione che è necessaria un’informazione corretta che non crei inutilmente il panico ma che non sottovaluti i rischi, seppur bassissimi, di una pericolosissima epidemia. Se questo è il quadro generale delle tifoserie italiane, molto peggiore è quello rassegnato a livello istituzionale. Secche le smentite sull’eventuale presenza del virus in Italia da parte del Ministero della Salute, alle quali fa coro l’ASP di Palermo. Notizie confortanti, supportate dalle notizie fornite dal Comando in capo della Squadra Navale della Marina Militare, secondo le quali non è stata registrata alcuna traccia del virus da parte dei medici impegnati a bordo delle navi.
Notizie confortanti, come al solito, tranquillizzanti come le parole di Berlusconi all’inizio della crisi economica. Qualsiasi mente pensante normodotata, comincerebbe a porsi delle domande. I medici a bordo delle navi, sono in grado di stabilire immediatamente l’eventuale presenza di soggetti contagiati dal virus? Hanno mezzi idonei per effettuare questo genere di analisi? Gli immigrati, vengono sottoposti ad accurati accertamenti sanitari prima di essere inviati ai centri di accoglienza dai quali a distanza di poche ore si allontaneranno spontaneamente facendo perdere le proprie tracce?
A rispondere alle nostre domande, quanto accaduto qualche giorno fa a Siracusa dove un immigrato è morto presso un centro di accoglienza dopo che l’Oim, Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, aveva segnalato fin dal momento dello sbarco che il giovane extracomunitario versava in precarie condizioni di salute, presentava piaghe sul corpo, era in stato confusionale e, da informazioni raccolte dai compagni di viaggio, negli ultimi giorni della traversata aveva quasi totalmente perso la vista. Un quadro clinico che avrebbe dovuto allarmare chiunque, a prescindere dal timore di un possibile caso di ebola. Visitato da operatori sanitari giunti sul posto con un’ambulanza i quali hanno ritenuto che le condizioni del migrante non fossero allarmanti, il giovane è stato trasferito al centro di accoglienza insieme agli altri migranti arrivati negli ultimi giorni. E questo, nonostante il fatto che l’Oim, dopo la prima segnalazione, avesse nuovamente allertato le autorità segnalando le condizioni del migrante e il fatto che lo stesso riusciva a malapena a camminare. A nulla sono valse le segnalazioni e il giovane è morto senza neppure essere stato ricoverato presso una struttura sanitaria. Se questi sono gli accertamenti che vengono fatti, possiamo solo sperare che non arrivi mai una sola persona affetta di ebola, altrimenti il dilagare di un’epidemia sarebbe garantito. Se gli operatori sanitari hanno ritenuto che non fosse allarmante il quadro clinico di una persona che da lì a poche ore sarebbe morta, quale fiducia si può avere in merito alla diagnosi immediata di eventuali casi di ebola? Quale fiducia si può avere in chi avvia una persona che presenta gravi patologie, e che potrebbe essere affetta da malattie infettive presso un centro d’accoglienza laddove l’eventuale contagio potrebbe essere esteso ad altri e portato anche al di fuori della struttura? Questo, senza considerare il fatto che comunque si è lasciato morire un uomo senza far nulla per accertarne le condizioni sanitarie e per salvarlo.
Dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, un laconico “Mi addolora la morte del giovane migrante”. No signor ministro, non basta. Anche noi siamo addolorati. Siamo addolorati per la morte di questo giovane, siamo addolorati per la leggerezza con la quale si sta affrontando il problema, siamo addolorati per le eventuali negligenze ed incapacità di chi ha gestito il caso, siamo addolorati per i “messaggi soporiferi” da parte delle istituzioni. Messaggi ai quali lei è certamente abituato essendo stato, in passato, il pupillo di un premier al quale va riconosciuta la grande capacità di barzellettiere e quell’ottimismo che lo portava a dire che gli italiani non avrebbero perso un solo centesimo. Inutile ricordarle il famoso “patto con gli italiani”. Il milione di posti di lavoro in più, la cancellazione della tassa di proprietà sulle automobili e tutte le altre castronerie raccontate per venti lunghi anni ad un popolo che plaudiva ad una corte di escort e altri in merito ai quali preferisco non utilizzare alcuna definizione. Stendiamo un velo, se aggettivato o meno, caro ministro, lo decida lei…
Gian Joseph Morici