Matteo Renzi, rottamatore e demolition-man, come l’ha definito il Financial Times, o parte integrante della vecchia politica?
Questi giorni di vibranti scosse telluriche, sembrano farcelo apparire tutto tranne uno che voglia segnare un definitivo e ineluttabile crinale tra il vecchio il nuovo.
Invero ciò che abbia effettivamente rottamato finora, non è altro che l’intero vertice che negli ultimi vent’anni ha retto la politica del Pd, che diciamoci la verità non è che stava proprio messo bene… Per il resto il suo primo passo, da segretario del Pd, è stato quello di imbastire, con un Berlusconi reietto, una legge elettorale che, sembrava impossibile si potesse anche solo pensare, fosse più stolta del vecchio porcellum. Come dire: la soluzione peggiore del male.
Ma Matteo non si è fermato qui e dopo aver rassicurato il governo Letta, a scadenze sempre più incalzanti, come le insidie che gli poneva innanzi, che non correva alcun rischio, ecco giù una spallata, questa sì da fare invidia alla prima repubblica. Convoca la direzione del Pd, che sotto l’onda del carisma che attualmente l’accompagna, sfiducia l’esecutivo e al suo compagno di partito non resta che rassegnare le dimissioni per fare posto al “nuovo che avanza”.Napolitano si trova dinanzi al fatto compiuto, e non ha altri margini (visto che di elezioni neanche a parlarne, giacché solo a udirne la parola s’imbufalisce più di un toro quando vede un panno rosso), e dopo le finte quanto formali consultazioni, gli conferisce l’incarico di formare un nuovo governo. Lui ci promette una riforma al mese, a noi con la crisi che passa ci andrebbe bene anche una mela al giorno… Anche perché non vorremmo restare traumatizzati da cotanta rivoluzione…
Non facevamo il tifo per il governo Letta che inconfutabilmente tirava a campare, ma ci attendevamo altro.
Insomma dal rottamatore, ci si aspettava che giungesse a Palazzo Chigi forte di una legittimazione popolare: desse magari delle scadenze improcrastinabili a Letta per approvare la legge elettorale che ci portasse dritto dritto al voto, sbarazzandoci da questa frankensteiniana maggioranza politica.
No, Renzi ha avuto fretta, non solo si è sporcato le mani immergendole fino al gomito nel fango del vecchio palazzo, ma ha finanche preso sul serio il suo più famoso concittadino, Niccolò Machiavelli, al di fuori, però, di ogni contesto storico-politico, che nel suo trattato più conosciuto, Il Principe, scritto nel 1513, incita testualmente il Principe a utilizzare qualsiasi mezzo per raggiungere i propri fini: “Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: e mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati”. In sintesi: il fine giustifica i mezzi.
Probabilmente è solo colpa della nostra ingenuità se ci siamo illusi di vedere finalmente dei mezzi che giustificassero il fine!