San Vito Romano – Della vicenda di Rita Genovesi, avevamo già scritto. L’ultima volta risale al 6 luglio, quando la signora Genovesi – costretta fin dalla nascita a vivere sulla sedia a rotelle e alla quale viene interdetta la possibilità di recarsi al cimitero a deporre un fiore sulla tomba del padre – dopo aver ricevuto una nota a firma del sindaco, che sembrava preannunciare una soluzione positiva della querelle, dovette prendere atto che si trattava soltanto di quella che graziosamente definimmo una “birichinata” del primo cittadino.
Se noi operatori dell’informazione possiamo permetterci di definire birichinate taluni atti amministrativi, così non è per gli operatori del diritto, che, come nel caso dell’avvocato Alessandro Bardini di Roma, procuratore e difensore della sig.ra Genovesi, parlano un linguaggio ben diverso dal nostro, rifacendosi a quanto previsto dall’ordinamento giuridico in vigore nel nostro Paese.
L’avvocato Bardini, in data 30 luglio, dopo aver assunto la difesa della Genovesi ed aver appreso che a causa di numerose barriere architettoniche presenti nel Cimitero è impedito alla sua assistita di accedere in autonomia al luogo dove l’amministrazione ha deciso di dislocare le salme che si trovavano precedentemente nella cappella di famiglia della Genovesi, ha scritto al sindaco del Comune di San Vito Romano, Amedeo Rossi, ricordando allo stesso come il luogo di sepoltura ha di recente subito importanti opere di ristrutturazione e nelle quali si è del tutto dimenticato a parere dell’avvocato – l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Una “dimenticanza” che ha spinto l’avvocato Bardini a chiedere che venga messo a norma il Cimitero Comunale con la normativa sulle barriere architettoniche e conseguentemente che cessi il comportamento discriminatorio attuato nei confronti della sig.ra Genovesi Rita.
A tal fine, il legale ha richiesto lo spostamento delle salme che erano contenute nella cappella di famiglia, in luogo facilmente raggiungibile per una persona su sedia a rotelle e la contestuale messa a norma del Campo Santo, preannunciando che in caso di silenzio rifiuto da parte dell’amministrazione comunale, nel termine di 15 giorni dal ricevimento della lettera, avrebbe adito le vie giudiziali.
Una lettera garbata, ma che non lascia alcun dubbio sulla determinazione dell’avvocato della Genovesi – qualora l’amministrazione facesse orecchie da mercante – a spostare la querelle dal mondo dei media alle aule giudiziarie.
In attesa di conoscere la risposta del sindaco alle richieste del legale, sorge spontanea la domanda se, viste le recenti opere di ristrutturazione del cimitero, le stesse si sarebbero potute effettuare “dimenticando” il rispetto della normativa sulle barriere architettoniche.
Nel caso in cui la vicenda dovesse approdare alle aule giudiziarie, e nell’ipotesi in cui il Comune dovessi vedersi costretto all’abbattimento delle barriere architettoniche realizzate nel corso dei recenti interventi di ristrutturazione dell’area cimiteriale (eventualmente non soltanto quelle che incontra la Genovesi per recarsi in visita ai propri defunti), il danno economico derivante dalla presunta “dimenticanza”, a carico di chi sarà?
Pagheranno i responsabili che hanno consentito la realizzazione di opere in violazione delle norme sulle barriere architettoniche, o come ormai è in uso in Italia saranno i cittadini a dover pagare di tasca propria i danni causati da chi chiamato ad amministrare la cosa pubblica?
Gian J. Morici