Ovunque definiti “una brutta razza”, anche se per ragioni diverse, nella nostra città (possiamo definirla così?), rappresentano una delle peggiori specie che si aggirano tra le viuzze di Agrigento.
E se non sono loro la peggiore specie, lo sono certamente coloro i quali dettano ordini (editori, redattori ecc), imponendo al povero disgraziato di turno (magari sottopagato) il “Questo non si dice. Questo non si fa”. Sono esseri umani. Ubi maior minor cessat! Il fatto dunque che siano esseri umani, non depone certamente in loro favore…
La varietà delle tipologie presenti sulla nostra piazza, la si può evincere nell’invito di un consigliere regionale del sindacato di categoria, rivolto ai “colleghi”, a solidarizzare con il direttore di una testata che aveva subito minacce di querela, evidentemente ritenute ingiuste.
Scrive il Consigliere: la violazione delle norme deontologiche e professionali, il rituale servilismo di alcuni nella speranza di ottenere qualcosa finiscono per creare le premesse per il ripetersi di situazioni come quella succitata anche a causa di una categoria Giornalistica debole e succube del politico o del potente di turno che tra le maglie del diritto e della giurisprudenza trova gli strumenti per minacciare ed intimidire.
Già. Minacce, intimidazioni, insulti. Una situazione insostenibile, causata anche da quanti stanno lì ad elemosinare con il piattino, affinchè il potente di turno dia loro qualcosa, come si fa con il cagnolino di casa quando gli si dà l’osso.
Il “qualcosa”, spesso si chiama “pubblicità”. Quella pubblicità istituzionale il cui affidamento non è regolamentato ma ha carattere discrezionale, finisce con il trasformarsi in una forma tangentizia per placare le ire (estorsive?) di una certa stampa.
E del resto, come potrebbe il cane morder la mano di chi gli porge l’osso? Il cane guarda la mano, la lecca, scodinzola, e poi, buono buono, va a rosicchiarsi il suo ossetto in un angolino. Passeggiatina, pipì (dinanzi la porta del vicino che non molla l’osso) e poi, eccolo pronto a portare il giornale al padrone.
Sarà un caso se le vignette che mostrano i cani più obbedienti, li raffigurano mentre portano il giornale al padrone?
Tornando alle minacce subite dai giornalisti, pur avendo subito noi stessi minacce e “proposte indecenti” (leggi l’articolo), senza che nessuno si fosse scandalizzato, non abbiamo atteso alcun invito e quello che avevamo da dire lo abbiamo scritto fin da subito (leggi l’articolo).
Neppure le dimissioni del Direttore del nostro giornale, presentate lo stesso giorno della “proposta indecente”, hanno ingenerato alcun interrogativo, né provocato alcuna reazione nel mondo del giornalismo agrigentino.
Fin qui nulla quaestio. A certi comportamenti siamo ormai abituati. Del resto, neppure l’aver documentato che una certa informazione agrigentina è a contratto (leggi l’articolo) aveva suscitato reazione alcuna.
Ma il meglio di sé, la nostra stampa doveva ancora darlo.
L’occasione è stata data dalla querela per diffamazione, minaccia e tentata estorsione (clicca qui) presentata nei confronti dell’autore della “proposta indecente”. Silenzio. Pare che soltanto un giornale (l’altraagrigento.it), abbia avuto il coraggio di pubblicare la notizia.
Evidentemente, il coraggio e le prese di posizione, dipendono molto dagli autori delle minacce (o forse dai destinatari?).
Dovremmo a questo punto chiederci cosa significhi essere giornalista ad Agrigento.
Una prima distinzione, potrebbe essere tra chi fa il giornalista e chi invece lo è.
Chi lo fa, di solito si limita a limare comunicati stampa spacciandoli per articoli o, nella migliore delle ipotesi, a scrivere autentici pezzi del più sfegatato qualunquismo, riuscendo pure ad attirarsi le simpatie di lettori che definire mediocri è già un complimento.
C’è poi chi ha scambiato la professione con il ruolo del cane che porta il giornale, e chi invece se ne sbatte dei padroncini di turno.
O non ha mai imparato a baciar le scarpe di chi può prenderlo a calci, o non teme i calci ed è capace di ricambiarli con l’aggiunta degli interessi.
Ci sono poi le “appartenenze di testata”. “Mors tua vita mea”. Questo è lo spirito di categoria. Il corporativismo che unisce i giornalisti. Dicono che non si sa dove esista un libricino di chi ha scritto qualcosa a proposito di etica. Ma poi nessuno più lo ha trovato. Sarà stata una delle tante leggende metropolitane.
Tra i tanti che scrivono perché non sanno cosa fare, quelli che non sanno le storie ma in compenso ne raccontan tante, ce n’era uno che sapeva scrivere, gli piaceva scrivere e lo faceva solo quando sapeva.
Adesso fa il “bombolaro” (lavora in una rivendita di bombole). Nessuno si è chiesto perché. Avrebbe potuto accettare altre offerte e scrivere per i “liberi e coraggiosi”, ma non l’ha fatto. Forse che ad Agrigento i giornalisti fanno i bombolari e i bombolari (senza offesa per quest’ultima categoria) son giornalisti?
Qualcuno a volte dice che ci son quelli stronzi ma capaci, più difficile è ammettere che si sono quelli stronzi e basta.
Cercherò un posto d’aiuto-bombolaro… Fiero di non esser mai stato un giornalista.
Gian J. Morici
è un pugno nello stomaco…per quelli che non hanno fegato.
vedrà che sarà l’unica volta che saranno tutti concordi e pronti a difendere una casta autoreferenziata. E lei non appartiene alla CASTA
Non si tratta di un fenomeno endemico. Nella sola Sicilia, basta analizzare i casi Ruta e Maniaci, per avere un’idea di come la Casta agisce in autotutela.
L’indipendenza della professione giornalistica, ritrovata nel dopoguerra, ha finito con il cedere ad un sistema massmediatico a indipendenza limitata, così come descritto nel saggio di Mancini e Hallin, rinchiudendosi in un’autoreferenzialità senza sbocchi.
Le suggerisco di leggere le citazioni del ‘Time’ e l’ultimo rapporto Censis.
Complimenti per il coraggio.
Caro Direttore Morici – così voglio chiamarla perché in provincia è tra i pochi che merita di esserlo – è vergognoso notare che appena una settimana fa lei prese le difese di un “signore” che rischiava la querela da un Presidente della politica locale. Si spinse addirittura a pubblicare il pezzo incriminato, nel visibile e coraggioso tentativo di manifestare vicinanza e solidarietà a questo signore… E adesso costui dov’è finito?
Magari non avrà pubblicato il suo articolo ma ha manifestato a lei quel nobile trattameto che ha ricevuto?
Continui ad informarci “Grande Uomo Libero”.
Il coraggio non è merce in vendita al supermercato come la mortadella. Quando coerenza, professionalità e onestà intellettuale si potrenno comprare a chilo o a cassetta, allora si potrà tornare a parlare dell’informazione agrigentina.
Con stima e tanta simpatia
Luigi
Caro Direttore, il coraggio, la correttezza e sopratutto l’etica è di pochi, e Tu sei tra questi.
Finalmente sono un giornalista anch’io: ora i fatti non mi interessano più.
Riflessione mia del mattino:
I giornali erano buoni per incartarci il pesce. Tv e web non offrono nemmeno questa possibilità.