I capi della sicurezza hanno messo in allerta la Gran Bretagna su una assai probabile cyber guerra, dopo essere stati avvertiti da parte dell’intelligence che presume gli hacker stiano per lanciare attacchi di rappresaglia sui siti web del governo a causa della vicenda Wikileaks.
Il Consigliere alla Sicurezza Nazionale ha affermato che gli hacker avrebbero già cercato di rubare dati bancari dei contribuenti e dei richiedenti benefici.
Gli hacker sarebbero pronti a colpire se la Gran Bretagna dovesse concedere l’estradizione di Julian Assange, che in Svezia dovrebbe affrontare un processo per stupro, mentre gli Stati Uniti pressano affinchè possa essere processato e condannato anche ai sensi della legge sullo spionaggio.
I cosiddetti ‘hacktivisti’ hanno già lanciato attacchi informatici sui siti web delle aziende che si sono ritirate dal fornire i servizi a Wikileaks. Tra queste, Visa, Mastercard e PayPal.
Intanto la preoccupazione cresce e si teme per i siti governativi di più Stati, che potrebbero subire attacchi in grado di causare notevoli danni e il malfunzionamento di uffici nevralgici per l’economia dei paesi, come i dipartimenti per il lavoro e per le pensioni.
Secondo gli ultimi dati pubblicati da Wikileaks, Gerry Adams e Martin McGuinness sapevano che l’IRA progettava di effettuare il più grosso colpo in banca della storia britannica.
Il governo irlandese avrebbe avuto solide prove che i leader dello Sinn Fein erano stati informati in anticipo della rapina da £ 26.5milioni presso la Banca del Nord a Belfast nel dicembre 2004. Adams ha negato le affermazioni.
Ieri WikiLeaks ha anche nominato un magnate britannico come presunto intermediario in uno dei peggiori scandali americani per corruzione.
Robert Kissin avrebbe apparentemente gestito un pagamento di 2,5 milioni di sterline per aiutare la compagnia petrolifera statunitense Baker Hughes a vincere un contratto di £ 137milioni in Kazakhstan.
L’interessato, ha detto che ci sono ‘imprecisioni’ nella storia.
Imprecisioni o meno, quello che appare ormai certo è il fatto che i governi di molte nazione sembrano decisi ad intervenire per chiudere in un modo o nell’altro la bocca (informatica, ma forse anche fisica) di Assenge e di quanti vorrebbero ancora poter fare informazione.
Una censura che sta spingendo in più parti del mondo, editori e direttori di testate giornalistiche a contestare il tentativo del governo americano e di quello australiano di addebitare ad Assenge l’accusa di spionaggio.
In molti sostengono che un’accusa del genere andrebbe contro la libertà di stampa e i principi che da sempre nei due paesi sono stati alla base della democrazia.
Se agli hacker ed ai blogger si aggiungessero i media tradizionali – specie in quei paesi laddove la libertà di stampa è sacra – non sarebbe affatto facile per i governi imbavagliare l’informazione.
Non sarebbe facile, specie nell’era di internet…
Gian J. Morici