A Bruxelles, fonti della Commissione europea, hanno dichiarato che gli hotspot stanno già funzionando sull’isola di Lampedusa e nelle località siciliane di Augusta, Pozzallo, Porto Empedocle e Trapani. Il pensiero va subito ad una frase di Bertolt Brecht poeta e drammaturgo tedesco: ”Tra le cose sicure la più sicura è il dubbio”– ed io qualche dubbio ce l’ho. “Forse questi funzionari della commissione europea non hanno mai messo piede a Lampedusa?”
Da più di un mese a Lampedusa vivono all’interno dell’HotSpot una media di 300 persone. I trasferimenti avvengono con il contagocce e la permanenza, che dovrebbe essere brevissima, si prolunga per settimane. Ad oggi il numero delle presenze all’interno dell’Hotspot é di circa 400 persone che potrebbero viaggiare in maniera regolare e pagarsi un biglietto aereo o navale ma sono costrette dalle leggi dell’UE sull’immigrazione a passare per i centri per migranti e alla fine ad entrare nel mondo del lavoro come manodopera a basso costo, sfruttata e molto spesso senza documenti. Ovviamente e tristemente se non muoiono in mare, ricordiamo che quest’anno è un anno record per le morti nel mediterraneo.
Dopo l’estate a Lampedusa, le persone che vivono all’interno dell’HotSpot possono uscire per le strade dell’isola usando un buco della recinzione. In estate il buco della recinzione è presidiato dalla polizia così da evitare le uscite. Questo avviene per non intralciare la stagione turistica. Sono molti gli operatori turistici e i turisti che hanno richiesto questo tipo di prassi. Così l’isola si ritrova a fasi alterne a convivere con i disastri delle politiche e dell’economia dell’UE. L’HotSpot si conferma un luogo in cui il principio dominante è il profitto. In questi giorni si assiste a lunghe file davanti alla Chiesa per ricevere dei vestiti dai pochi volontari attivi nella parrocchia. I vestiti dovrebbero essere garantiti da chi gestisce l’HotSpot e invece non vengono distribuiti oppure si distribuiscono vestiti che non sono adatti alle condizioni climatiche attuali.
Ancora una volta ci si approfitta della buona volontà dei parrocchiani per tamponare le carenze della gestione dell’HotSpot. Ci sono piccole tensioni relative ad esempio a ragazzi africani che utilizzano il campo sportivo e che sono costretti dalla mancanza di servizi igenici ad urinare fuori, questo ovviamente comporta un disagio per chi vive nei pressi del campo sportivo ma va sottolineato come nessuno abbia pensato a mettere dei bagni chimici distribuiti sul territorio. Singolare per un’isola che viene continuamente descritta come modello di accoglienza. Come singolare è il fatto che negli ultimi mesi sono aumentate le donne incinta “migranti” che vengono portate sull’isola. Singolare perché sull’isola non vi è una ginecologia e una sala parto e perché ci sono carenze nell’ambito sanitario anche in condizioni non di emergenza. Registriamo più episodi di intolleranza o di semplice incapacità di comunicare che atti di solidarietà. Ma ci sono anche esempi positivi come quello dell’archivio Storico di Lampedusa di Nino Taranto dove almeno un centinaio di ragazzi africani ogni giorno va per guardare un film, per studiare un pò d’italiano, per collegarsi ad internet. Un’esperienza nata in maniera spontanea e semplice.
La radice del problema però rimane sempre la stessa cioè: Perché milioni di persone stanno lasciando il proprio paese? E perché non possono viaggiare in maniera regolare? Mi sovviene una frase di Epitteto, filosofo greco antico:”Nessuno è libero se non è padrone di se stesso”.
Askavusa Collettivo Lampedusa
Aldo Mucci