Oblast’ di Vologda, regione russa appartenente al Distretto Federale Nordoccidentale abitata da poco più di 1.200.00 persone.
Roman Romanenko di professione fa il giornalista. Un lavoro come tanti altri. Onesto, dignitoso e a volte anche pericoloso. Se in Sicilia si moriva per aver scritto di mafia, nel nord Italia lo stesso pericolo lo si correva durante gli anni di piombo nello scrivere di terrorismo. Adesso per fortuna le cose sono un po’ cambiate e chi ha il coraggio di scrivere le verità delle quali viene a conoscenza, o le proprie opinioni in merito a fatti accaduti, in linea di massima non rischia nulla di più che qualche brutto processo. Più o meno giusto, ma, come si sa, le eventuali sentenze vanno rispettate.
Ma se questo accade in Italia, non è detto che in altre parti del mondo la situazione sia la stessa. Ci sono nazioni, e sono molte, laddove la libertà di stampa è più garantita di quanto non lo sia in Italia, ce ne sono altre, e sono molte anche queste, laddove l’esprimere un’opinione comporta non pochi rischi. La Russia, come avevamo già scritto, rientra tra i paesi nei quali fare il giornalista è un mestiere molto pericoloso. Oltre 200 tra morti e scomparsi, dovrebbe essere un dato abbastanza significativo.
In Russia, così come in Italia, in Francia, negli Stati Uniti e nella stragrande maggioranza dei paesi, i nostri governanti, più o meno onesti, più o meno corrotti, più o meno criminali, dietro una parvenza di senso della giustizia o nascondendosi dietro il presunto interesse della collettività, continuano a portare avanti interessi personali o, nella migliore delle ipotesi, presunti interessi dello Stato dei quali al cittadino importa poco o nulla.
Se in Francia muore un clochard su una panchina, non fa storia e non attira le attenzioni dei politici in merito al sempre più diffuso fenomeno delle nuove povertà. In Italia un disperato, un operaio licenziato, un pensionato che non può più sopravvivere, un disoccupato, si suicida? Fatti suoi e della sua famiglia, ai nostri parlamentari non avrà certamente tolto nulla. Negli Stati Uniti, magari per le stesse ragioni di cui sopra, un uomo impazzisce e fa una strage? Forse preoccupa più del singolo suicida, ma statene pur certi che un ministro non per questo si sentirà minacciato.
In compenso, per quel che vale, in questo nostro mondo occidentale dove tutto fa schifo, possiamo dirlo e scriverlo tranquillamente. Certo, non tutti hanno un giornale, ma quello sfogatoio nel quale si sono trasformati i social network permette a tutti di urlare (usando il tutto maiuscolo), insultare e parlar male di tutto e di tutti. In particolare dei nostri politici. Mal che vada, ci ritroveremo ad essere querelati per diffamazione o verrà cancellato il nostro account. In Russia, non è così.
Roman Romanenko, il giornalista russo, appreso di quanto stava accadendo in Crimea, dove Putin inviava le truppe per garantire la popolazione russofona (Da cosa? Quanti morti c’erano stati tra i russofoni di Crimea?), ha avuto la pessima idea di scrivere una lettera al presidente russo Vladimir Putin. A volte accade pure in Italia che qualcuno scriva a Napolitano. Al massimo, fa spallucce e si lascia scivolare addosso ogni cosa. In Russia, non è così.
Romanenko, la lettera a Putin forse non l’ha mai inviata e, certamente non l’ha pubblicata sul giornale. Come tanti altri si è limitato ad affidare alla sua pagina Facebook le proprie considerazioni. Una lettera garbata, sulla quale oltre 4.350 persone hanno messo “mi piace”:
“Caro Vladimir Vladimirovich – scrive Romanenko – sappiamo che volete inviare truppe in Crimea al fine di tutelare i diritti della popolazione di lingua russa. Siamo tutti di lingua russa e i nostri diritti sono violati. I nostri ammalati non possono ottenere il diritto a prestazioni sanitarie e farmaci. L’economia è in crisi e tutti noi soffriamo. Gli invasori presero il potere attraverso elezioni fraudolente e non fanno nulla per la popolazione conquistata. Spendono i soldi per loro stessi, per case vacanza, per viaggi. Saremmo molto grati se interveniste e vi garantiamo che non ci sarà nessuna guerriglia contro i liberatori nè sanzioni internazionali. Abbiamo saputo che avete intenzione di spendere un sacco di soldi per normalizzare la vita in Crimea. Quei soldi possono essere spesi per la normalizzazione della vita nella regione di Vologda. Non importa se il denaro non è sufficiente. Abbiamo davvero bisogno di ponti, strade, impianti sportivi, stabilimenti industriali, nuovi posti di lavoro…
Con rispetto e speranza per la liberazione, gli abitanti di lingua russa della regione di Vologda.”
Romanenko forse pensava di far ridere così i suoi amici. Così sarebbe stato in Italia, in Olanda, in Spagna. Ma non in Russia.
La lettera pubblicata su Facebook ha portato Romanenko a comparire dinanzi ai pubblici ministeri del locale tribunale. Romanenko, è indagato per possibile estremismo.Tornato a casa, l’ennesima sorpresa: sulla porta della sua abitazione, una svastica e lo slogan “Stop Maidan”.
Ma le sorprese non erano ancora finite. La polizia intervenuta sul posto, ha anche trovato dei volantini nelle cassette postali del condominio, con i quali i condomini venivano informati che “una feccia che sostiene l’Occidente e la distruzione dell’Ucraina vive nel vostro quartiere. Attenzione! L’appartamento di Romanenko, un Ebreo ucraino, può essere utilizzato come quartier generale sotto copertura di patrioti ucraini”.
La locale procura avrà un mese di tempo per concludere le indagini. Ma se è vero quanto riportato da SeverInform, agenzia di stampa russa che riporta come secondo un funzionario di polizia rimasto nell’anonimato i fatti accaduti a Romanenko siano riconducibili ad una risposta diretta alla bravata del “cinico Romanenko”, da parte di una popolazione favorevole all’operat5o di Putin in Crimea, le aspettative che si scopra l’autore delle malefatte in danno del giornalista sono veramente molto basse. In compenso, è assai più probabile che il “cinico Romanenko” si veda costretto a rispondere in tribunale con l’accusa di “estremismo”.
Per la cronaca, è bene precisare, che secondo sondaggi effettuati da più organizzazioni e media, la maggioranza degli abitanti di Vologda contattati hanno condiviso in toto i contenuti della lettera del giornalista. Forse, lo stesso funzionario di polizia che ha spiegato le motivazioni di quanto accaduto al “cinico Romanenko” – così lo ha definito -, non si era neppure lui accorto di come della Crimea e degli interessi di Putin verso la penisola, agli abitanti di Vologda, alle prese con i problemi quotidiani legati alla crisi economica e alla cattiva politica, non importava assolutamente nulla.
Gian J. Morici