Potrebbe racchiudersi in una frase la storia dei fratelli Vaccaro Notte di Sant’Angelo Muxaro (Agrigento), due dei quali uccisi dalla mafia, che Angelo, unico superstite, chiama “cosca dei pidocchi” e “feccia locale”.
Vincenzo (ucciso il 3 novembre del 1999) e Salvatore (ucciso il 5 febbraio del 2000) erano i due fratelli di Angelo Vaccaro Notte, un uomo costretto a cambiare nome, regione, vita. Un “sepolto vivo”, come lui stesso si definisce.
Lunedì 19 giugno, “Cose Nostre”, il programma di Rai 1 condotto da Emilia Brandi, ha raccontato ai telespettatori la storia di tre fratelli costretti a lasciare la Sicilia per andare in Germania in cerca di fortuna, e che tornati in paese, hanno dovuto fare i conti con la cancrena mafiosa che ha distrutto le loro vite.
il primo a partire era stato Vincenzo, il più grande dei fratelli, seguito poi da Salvatore e da Angelo, il più piccolo.
In Germania i tre fratelli, dopo anni di lavoro e sacrifici, riuscirono ad avviare un’attività tutta loro. Una pizzeria grazie alla quale – oltre il denaro che serviva per aiutare il resto della famiglia rimasta in Sicilia – potevano acquistare dei terreni al loro paese natio, forse per coronare il sogno che hanno un po’ tutti gli emigrati: tornare nella propria terra e vivere con il frutto di decenni di sudori e sacrifici.
Il primo a sentire la nostalgia del paese – tanto da ammalarsi – fu Vincenzo.
Nello stesso ordine in cui erano andati via, i Vaccaro Notte tornarono a Sant’Angelo Muxaro.
Vincenzo, dopo aver aperto un bar, senza avere molta fortuna, si lasciò convincere da amici tedeschi che erano andati a trovarlo ad avviare un’altra attività. Un’agenzia di pompe funebri, che fu causa della distruzione di tutta la famiglia.
Infatti, la sua attività collideva con gli interessi di altri che gestivano un’altra azienda che operava nello stesso settore.
Il proprietario di quest’ultima, non gradisce la concorrenza. E da lì iniziano le pressioni e le minacce perché Vaccaro Notte rinunci alla sua attività.
- “Quella di Milioto, l’agenzia in concorrenza con quella di mio fratello – racconta Angelo Vaccaro Notte –, era un’attività totalmente abusiva, gestita da tempo con il tacito consenso delle istituzioni che preferivano far finta di nulla e non vedere ciò che accadeva… Quell’impresa si mise in regola diversi mesi dopo l’apertura dell’agenzia di mio fratello…”
- Avete denunciato le pressioni e le minacce che subivate?
- Le denunciammo molto prima che venissero uccisi i miei fratelli. Più volte siamo anche arrivati alle mani con Milioto, ma c’era la “feccia locale” a spalleggiarlo. Una consorteria composta da molte più persone di quelle indicate nel corso della trasmissione… anche perché nel frattempo alcuni dei componenti della “cosca dei pidocchi” sono morti. Grazie alle intercettazioni – a seguito dell’uccisione dei miei fratelli – vennero fuori anche i nomi di altri. Putrone, Gagliardo, Di Gati, Focoso, Gerlandino Messina e altri ancora… Tutte persone che non conoscevo neppure, ma che avendo contatti con i Fragapane di Santa Elisabetta – che erano coloro ai quali era vicino Milioto – vennero individuati e arrestati. Alcuni di loro poi iniziarono a collaborare con la giustizia, aprendo ad altre piste investigative…
- Lei ritiene che gli omicidi dei suoi fratelli potevano essere impediti. Perchè?
- Prima di tutto perché le denunce presentate a seguito delle minacce risalivano almeno a un anno prima degli omicidi… In ogni caso, dopo la morte di mio fratello Vincenzo, sia io che Salvatore avevamo raccolto numerose informazioni, trasmesse a quanti preposti, che avrebbero permesso l’arresto di esecutori e mandanti…
- Dopo l’omicidio di Vincenzo, fu attivata qualche forma di tutela nei vostri riguardi?
- No! Nessuna, nonostante le denunce, i verbali redatti e le informative che i carabinieri trasmettevano al magistrato competente, che poi in seguito io denunciai, invano. Avvenne poi solo grazie all’onorevole Giovanni Marino (AN) – dopo l’uccisione di Salvatore -, che presentò un’interrogazione parlamentare con la quale si chiedeva perché eravamo stati lasciati soli… perché la procura di Agrigento – malgrado le denunce presentate – e poi, nonostante il primo omicidio, non si attivò immediatamente… Purtroppo, tra chi viene ucciso al Nord e chi nel Meridione, fermo restando che una vita umana va tutelata ovunque, devo constatare che ci sono delle differenze notevoli… Quasi come se un omicidio di mafia in Sicilia è un qualcosa di ineluttabile… A volte sembra non faccia neppure notizia. In tutta questa storia non posso fare a meno di valutare negativamente l’operato del magistrato… ma anche di alcuni investigatori… Come ha detto nel corso della trasmissione il luogotenente Michele Iovine, comandante della stazione dei carabinieri di Canicattì, all’epoca – e forse anche oggi – c’era molta paura e nessuno denunciava. Soltanto noi, un’intera famiglia, abbiamo detto no a questa “feccia”, rompendo quel muro di omertà che ha favorito le consorterie mafiose del nostro territorio. Ma non solo di questo si tratta. Devo infatti chiedermi come mai “i pidocchi” fossero sempre informati di ogni nostra iniziativa… Avvennero molti fatti che nel tempo mi hanno portato ad avere dei dubbi. Tanto per fare un esempio, ricordo che dal proprietario di un bar di santa Elisabetta, nel quale si tenevano riunioni tra mafiosi, mi fu chiesta una macchina (video giochi, poiché all’epoca Angelo Vaccaro Notte aveva un’azienda che forniva le sale da gioco) D’accordo con gli investigatori, comprai questo nuovo gioco – all’epoca del valore di diversi milioni di vecchie lire – all’interno del quale fu installata una micro cimice. L’indomani mattina presto, ricevetti la telefonata del proprietario del bar che mi dice di andare a riprendermi con urgenza la macchina perché non funzionava. Quando ho ritirato il videogioco, ho visto che erano stati tranciati i cavi della micro cimice che era inserita all’interno. Ho corso il rischio di farmi ammazzare… Credo sia legittimo chiedersi se qualcuno non li abbia avvisati…
- Torniamo a dopo gli omicidi di Vincenzo e Salvatore. Cosa succede?
- Vengo costretto – e questo ci tengo a dirlo – dalla procura di Palermo, ad allontanarmi con la mia famiglia in quanto a rischio di essere uccisi. Già avevo subito cinque attentati… In accordo con l’allora procuratore Pietro Grasso e altri magistrati, ho dovuto lasciare l’Italia. Non potevo comunque rimanere in Europa, né tantomeno in Germania, in Inghilterra o in Belgio, dove avevo amici o familiari, ma dove mi avrebbero raggiunto… Andai in Argentina, dove abitavano una sorella e una cognata di mio padre. Del resto doveva essere per un breve periodo, visto che mi avevano garantito che al massimo si sarebbe trattato di novanta giorni… Mi avevano detto di stare tranquillo perché in quei tre mesi avrebbero arrestato quella “feccia” che aveva ucciso i miei fratelli e io e i miei famigliari non avremmo corso più alcun pericolo
- Invece, cosa succede?
- Io mi ero allontanato con quattro figli e i miei genitori anziani e ammalati… Continuavo a sentire i miei dipendenti e i carabinieri con i quali mi tenevo in contatto per avere notizie delle indagini. Ma il tempo passava e non accadeva nulla…
- Lo Stato in che misura provvedeva alle vostre esigenze?
- Zero completamente… Solo per comunicare con i carabinieri, i miei dipendenti e i famigliari rimasti in Sicilia, spendevo oltre 1000 dollari al mese… Nel mese di luglio vengo convocato dalla procura di Palermo e torno in Italia per essere sentito. In quella circostanza decido di denunciare il magistrato che per negligenza, o perché incompetente, malgrado le intercettazioni e le mie denunce, aveva sottovalutato le minacce che portarono alla morte dei miei fratelli. In particolare di Salvatore, visto che dopo l’uccisione di Vincenzo non sarebbe stato possibile sottovalutare il rischio di un secondo omicidio. Dopo le prime resistenze da parte del magistrato al quale presentai la denuncia, finalmente la stessa venne accettata. Un nulla di fatto, visto che non accadde niente… Due omicidi che si potevano evitare… eppure… Nel frattempo le mie attività vengono chiuse perché a rischio di ritorsioni… e anche i miei dipendenti erano in pericolo di vita… Le mie macchine (video giochi), portate nella villetta di mia proprietà, vennero distrutte dalle fiamme appiccate dai soliti “pidocchi” che ancora una volta dovevano far capire a tutti chi comandava. Nessuno, non i vicini, ma neppure le forze dell’ordine o altri, videro un incendio che era visibile a chilometri di distanza… E mentre chi amministrava il paese sosteneva che a Sant’Angelo Muxaro la mafia non esisteva neppure, non si accorgevano di imprese che prendevano appalti e sub appalti, nonostante i loro mezzi fossero una pala meccanica rotta e una carriola con la ruota sgonfia… Come mai le ditte appaltatrici che venivano da fuori subivano attentati incendiari e dopo poco tempo al loro posto lavoravano “loro”? tu che amministri, tu istituzione, non te la poni la domanda? Nessuno vedeva niente. Esattamente come accadeva con un’agenzia di pompe funebri che non aveva neppure uno straccio di autorizzazione… Per l’omicidio dei miei fratelli non venne neppure dichiarato il lutto cittadino…
- Per i danni subiti, lo Stato cosa ha fatto?
- Nulla! Non mi è mai stato risarcito il danno patrimoniale, professionale o altro. Sono stato costretto a chiudere le mie attività a causa dell’assenza delle istituzioni. La colpa di quanto accaduto è dello Stato… Se nel ’98, dopo le nostre prime denunce, non si fosse ignorato o sottovalutato quello che accadeva, i miei fratelli sarebbero ancora vivi e le nostre aziende lavorerebbero ancora, continuando a garantire di che vivere ai nostri dipendenti e alle loro famiglie… Sono stato un imprenditore che ha sempre prodotto economia… Sono stato il più giovane imprenditore italiano iscritto in una camera di commercio estera…
- E oggi?
- Oggi mi vengo a trovare privato della mia identità e della mia libertà. Non c’è riuscita la mafia ad uccidermi e c’è riuscito lo Stato…
- E la mafia, quella che non c’era?
- Quella che ancora tutt’oggi non c’è, ma io in Sicilia non posso più tornare e i miei terreni ogni anno vengono devastati dagli incendi…
Ha ragione Angelo Vaccaro Notte quando si chiede se lo Stato è realmente presente o se in Sicilia lo si vede solo quando c’è da commemorare qualche vittima di mafia?
Nei prossimi giorni torneremo a scrivere di questa triste vicenda, raccontando di aziende che non possedevano i requisiti minimi per operare, mentre imprenditori onesti e coraggiosi venivano uccisi e le vite di chi rimaneva venivano distrutte.
Quando l’amore per il proprio paese uccide, a volte lo Stato sotterra…
Gian J. Morici