“Nel mondo realmente rovesciato,
il vero è un momento del falso…”
(Guy Debord – “La società dello spettacolo”)
Quello che leggerete di qui a poco è un plagio.
Lo ammetto.
Ciò che scriverò non è frutto del mio pensiero (se mai un pensiero originale si può concepire dopo quelli di Aristotele e Platone…), ma un vero e proprio saccheggio dall’opera di un filosofo francese vissuto nel secolo scorso.
Quest’uomo di alto ingegno – si chiamava Guy Debord – ci ha lasciato un’opera che definire veggente ed anticipatrice dei tempi è poco.
L’opera ha un titolo molto “sanremese”, considerando questi giorni in cui l’Italia intera è incollata ai video per scoprire chi sarà il vincitore della manifestazione canora in terra ligure.
Il titolo dell’opera è “La società dello spettacolo”.
In quel libro di rara sapienza, l’autore spiega – in duecentoventuno tesi raggruppate in nove capitoli – che “lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini”.
La realtà nasce dallo spettacolo e lo spettacolo diventa reale.
Non vi annebbierò le idee e, quindi, dovrò cercare di fare sintesi estrema delle cose (che la filosofia sempre complica).
In quel libro viene descritta, mirabilmente, la nostra società di questi giorni.
Un consesso in cui le immagini del mondo – dettate dalle necessità della produzione capitalistica – si sono staccate dalla vita, al punto che lo spettacolo è considerato come “l’inversione della vita“.
Ciò che accade nell’immaginario diventa realtà vera e si sostituisce a quest’ultima creando l’illusione di realtà.
Qualcuno deve avere letto quest’opera e deve avere suggerito al Presidente della Repubblica italiana di salire sul palco del teatro Ariston dove – tra bulli e pupe – si magnificava la Costituzione della Repubblica con comici che ne raccontavano la grandezza.
Non nei tribunali, non nelle corsie degli ospedali, non nei luoghi della politica e dell’amministrazione.
No. Lì la Verità non può interessare a nessuno.
Nella società dello spettacolo la Verità si fa giustizia di se stessa e tra una canzonetta ed un’altra ci sta pure che un capo di Stato celebri il suo ruolo e che un altro racconti di una guerra che – a poco a poco, ma inesorabilmente – trascina l’Europa dentro il terzo conflitto mondiale.
E adesso stacco per la pubblicità…
Lorenzo Matassa