È facile, specie nel mondo dei social, inorridire ed accusare chi si è reso responsabile di un grave fatto di sangue, senza neppure chiedersi il perché sia avvenuto.
Sbattiamo il “mostro” in prima pagina, il “killer” che scarica un intero caricatore di pistola su un congiunto, e otterremo una marea di like e commenti.
Cosa importa se il presunto “killer” è un padre che ha denunciato più volte il figlio per le numerose aggressioni subite?
Cosa importa se la vittima aveva problemi psichici – tanto da essere stato ricoverato in una struttura- e minacciava e aggrediva il padre?
Nulla può giustificare l’accaduto, ma qualche domanda, dobbiamo porcela: Lo Stato dov’era? Non era possibile intervenire prima che accadesse l’irreparabile?
Una vicenda che mi riporta alla mente il caso di un padre che uccise il figlio autistico.
In quel caso, il giudice, comprendendo il livello di esasperazione al quale era arrivato l’uomo, lo condannò al minimo della pena.
Per dovere di cronaca, va ricordato che il Presidente della Repubblica emise un provvedimento di grazia per colui che già aveva subito la condanna di una vita dedicata a un figlio ammalato, e quella di un rimorso che si sarebbe portato dentro per sempre.
Anche quel giudice, si chiese dove fosse lo Stato, e solo per essersi posto la domanda, subì un provvedimento disciplinare.
Uno di quei provvedimenti che spesso – troppo spesso – non subiscono i “raccomandaticci” che fanno carriera rivolgendosi a soggetti che non appartengono neppure al mondo della magistratura, ma che hanno rapporti “particolari”.
A uno Stato latitante, si aggiunge una giustizia a doppio binario.
Una giustizia strabica, che vede la gravità del reato secondo logiche non comprensibili per noi comuni mortali.
Come nel caso di quel procuratore sul cui tavolo approda una querela per diffamazione – presentata in cancelleria la stessa mattina – e che in giornata affida alle cure di un sostituto, il quale, già l’indomani, provvede a iscrivere al registro degli indagati gli autori del “crimine”.
Da non crederci? Eppure è così! Quando la giustizia vuole, conosce i tempi nei quali agire.
Non sono i tempi che la giustizia trovò per Giordana, ventenne e mamma di una bambina di 4, che aveva denunciato più volte l’ex convivente prima che venisse uccisa a coltellate.
E neppure quelli per Monica, che aveva presentato due denunce per stalking al commissariato di Lambrate pochi giorni prima di essere uccisa dal marito.
E neanche quelli di Rosi, uccisa a Villagrazia (Palermo) che aveva denunciato due volte il suo ex convivente. La mamma di Rosi, dopo l’uccisione della figlia mosse un’accusa terribile a chi secondo lei avrebbe potuto e dovuto far qualcosa e non fece nulla: “Ora che mia figlia è morta – disse – siete venuti tutti. Ma per due anni no, per due anni di denunce no. E ora mia figlia è morta. L’avete tutti sulla coscienza. Questa non è giustizia”.
Un epilogo invece analogo al caso di questo genitore che ieri ha ucciso il figlio, fu quello del delitto avvenuto a San Nicola l’Arena, quando una donna esasperata, dopo averlo invano denunciato più volte per violenze e maltrattamenti, uccise il marito.
Una giustizia che talvolta non trova il tempo per proteggere chi pur avendo denunciato situazioni di pericolo, diventerà vittima di un omicidio, ma neppure per impedire che una persona vittima di violenze e minacce, venga colta da un raptus e commetta un gesto che mai avrebbe voluto commettere, o sia costretta a farsi giustizia da sola.
Eppure, chi “diligentemente” si prodiga a far sì che la giustizia sia veloce nel punire gli autori di un “crimine” come la diffamazione, fa carriera, e in breve tempo si ritrova dirigere procure sempre più importanti.
Chi muore giace e chi vive si dà pace, anche se non sempre è così, specie quando chi vive è colui che ha compiuto un gesto che mai avrebbe voluto compiere.
Lo Stato, dov’è?
Gian J Morici
P.S. Dulcis in fundo, per il presunto reato di diffamazione dall’iter velocissimo, la delega al sostituto, da parte del procuratore, recava sul frontespizio la seguente dicitura: “Con preghiera di volermi tenere informato!”
Tutto normale? In questo Paese, sì!