Le opere di Paolo Morello a Palazzo Branciforte di Palermo dal 12 novembre 2021.
“L’occhio vede ciò che la mente conosce…”
(Wolfgang Goethe)
Da sempre l’uomo ha guardato al cielo come un infinito di mistero.
Non vi è religione che non lo abbia come luogo di ricongiungimento dell’umano destino.
Come se la nostra vita fosse giunta dal cielo e lì dovesse ritornare.
Quello scenario celeste, però, più è sondato con le focali di mille osservatori astronomici e più diventa misterioso.
Tanto misterioso da indurre gli astrofisici ad intuire l’esistenza di un luogo dell’universo in cui ogni regola si spegne.
Un buio cosmico, di grandezza e gravità infinite, chiamato orizzonte degli eventi.
Un luogo in cui non si conosce ciò che accade e solo si può dire che ogni misura si annienta.
Strana definizione quella degli scienziati che contraddice l’immaginario umano nelle parole orizzonte ed evento.
L’idea terrena del luogo tra cielo e mare dove si consolida il futuro del navigante ne è, nell’universo, il contrario.
Non vi terrò a lungo sullo scenario perché questo evento esplora la parte fotografica di questa ricerca.
Ma il punto di congiunzione tra i due orizzonti dovrò pure indicarlo e lo evidenzio in questa Verità.
Ogni sguardo esplora l’infinito e – con questo – il mistero che è dentro e fuori di noi.
Non sbaglio se dico che negli occhi di una donna si riscontra appieno questa confluenza.
Se così non fosse non avremmo avuto l’enigmatico volto della Gioconda leonardesca a raccontarci quel mistero.
Lo sguardo della “Monna Lisa” non è (solo) nel quadro, ma in quello di colui che lo concepì.
Leonardo da Vinci intuì ogni segreto dell’universo che lo circondava e volle lasciarlo ai posteri con un enigma pittorico.
Gli occhi della donna – è questo il paradosso – sono quelli di colui che riuscì a dipingerli in un volto che è un infinito.
Come sempre accade, a fronte di una moltitudine umana sospesa tra ignoranza e indifferenza al destino, c’è chi ha il dono poetico di intuire un codice universale e sintetizzarlo in un attimo che diventa eternità.
L’intuizione diventa immagine posto che “transumanar significar per verba non si poria”.
Perché – come afferma Dante – l’universo può essere spiegato solo attraverso un codice poetico.
Non è questa una mia idea, ma l’ho presa a prestito dal più grande filosofo dei nostri tempi, Martin Heidegger:
“Il compito che è dato al pensiero di oggi è un metodo del tutto nuovo di pensare che può solo essere usato nel dialogo diretto tra uomo e uomo, attraverso un lungo esercizio: quello di vedere pensando”.
Educare lo sguardo perché possa vedere e, diventando pensiero, comprendere la ragione finale del nostro destino…
Lorenzo Matassa