Sarebbe un errore pensare che il generale Mario Mori non sia riuscito a trattenersi dal togliersi qualche sassolino dalla scarpa nel rendere noto il suo memoriale pubblicato dal quotidiano “Il Riformista”.
Nel memoriale di Mori non ci sono sassolini, bensì macigni la cui chiave di lettura è quella di una pubblica denuncia di fatti gravissimi che meriterebbero la massima attenzione, e non soltanto da parte dell’opinione pubblica.
Nonostante ciò, la stampa nazionale che per anni ha cavalcato il teorema Trattativa Stato-mafia – in particolare quella stampa antimafiosa per eccellenza – non trova il coraggio di strappare la coltre di silenzi che per troppi anni hanno coperto responsabilità e complicità che hanno permesso per quasi trent’anni di non arrivare alla verità sulle stragi del ’92.
È sufficiente leggere l’ordine cronologico dei fatti narrati da Mori e pubblicati oggi da “Il Riformista”, per trovarsi dinanzi il quadro agghiacciante di una strage annunciata (quella di via D’Amelio) e delle successive nefandezze.
Paolo Borsellino sapeva della preparazione di un attentato in suo danno?
Che a Palermo fosse già arrivato il tritolo destinato a lui, Borsellino lo aveva appreso dal ministro Scotti, ma il suo capo, il procuratore Giammanco, non lo aveva neppure avvertito.
Eppure, come scrive Mori, il 19 giugno 1992, due ufficiali del Ros, i capitani Umberto Sinico e Giovanni Baudo, informano direttamente il dott. Borsellino di avere ricevuto notizie confidenziali circa la preparazione di un attentato nei suoi confronti, precisando e che in merito erano stati formalmente allertati gli organi istituzionali competenti per la sua sicurezza.
“Il 25 giugno 1992 – scrive Mori – Paolo Borsellino mi chiede un incontro riservato che si svolge a Palermo nella caserma Carini, presente anche il cap. De Donno. Il magistrato, che già aveva ottenuto dal Ros il rapporto “mafia e appalti” quando era a Marsala – in merito ci sono le dichiarazioni processuali a con[1]ferma da parte dei magistrati Alessandra Camassa, Massimo Russo e Antonio Ingroia, oltre a quelle dell’allora maresciallo Carmelo Canale – sostiene di volere proseguire le indagini già coordinate da Giovanni Falcone che gliene aveva parlato ripetutamente e sollecita, ottenendola, la disponibilità operativa del Cap. De Donno e degli altri militari che avevano condotto l’inchiesta.
12 luglio 1992 – continua Mori – la Procura di Palermo, con lettera di trasmissione a firma Giammanco, invia quasi per intero l’informativa Ros sugli appalti ad altri uffici giudiziari siciliani “per conoscenza e per le opportune determinazioni di competenza”. Per un’indagine basata sull’ipotesi di associazione per delinquere di tipo mafioso (416 bis c.p.) la procedura adottata implica, da parte della Procura mandante, il sostanziale cessato interesse per gran parte dell’indagine, infliggendole un colpo praticamente mortale.
13 luglio 1992, i sostituti procuratori Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato chiedono l’archiviazione dell’inchiesta mafia e appalti.
14 luglio 1992, in una riunione dei magistrati della Procura di Palermo, Paolo Borsellino chiede notizie sull’inchiesta e afferma che i Carabinieri sono delusi della sua gestione. Dalle successive dichiarazioni al Csm da parte dei presenti a quella riunione, emerge che nessuno gli dice che ne è già stata proposta l’archiviazione (Guido Lo Forte era tra i presenti).
16 luglio 1992, si tiene a Roma una cena tra Paolo Borsellino, l’on. Carlo Vizzini, e i magistrati palermitani Guido Lo Forte e Gioacchino Natoli. Nel corso dell’incontro, a riguardo c’è la testimonianza processuale di Carlo Vizzini, il dott. Borsellino parla diffusamente dell’indagine mafia e appalti individuandola come una delle possibili cause della morte di Giovanni Falcone. Il dott. Lo Forte non informa il collega che due giorni prima, insieme al dott. Roberto Scarpinato, ne aveva chiesto l’archiviazione.
Anche il giornalista Luca Rossi testimonierà in dibattimento di avere avuto, in quei giorni, un incontro con Paolo Borsellino che gli parlò dell’inchiesta mafia e appalti. Vale la pena altresì ricordare, come risulta dalle plurime testimonianze dei suoi colleghi, tra cui Vittorio Aliquò, Leonardo Guarnotta, e Alberto Di Pisa, che il dott. Borsellino ritenesse come l’interesse mostrato dall’amico Giovanni Falcone per l’indagine fosse una delle possibili cause della morte di quest’ultimo”.
L’articolo continua con una serie di interrogativi che Mori si pone – e pone – rispetto questi fatti, e non rispetto i teoremi che per anni hanno riempito le pagine dei giornali, ricordando l’appunto rinvenuto nell’agenda elettronica di Giovanni Falcone nella quale si evidenziavano le pressioni del dott. Giammanco sul cap. De Donno al fine di chiudere l’inchiesta mafia e appalti, giustificate dal procuratore come richieste pervenute dal mondo politico siciliano che altrimenti non avrebbe più ottenuto i fondi statali per gli appalti.
Un procuratore preoccupato più dalle richieste del mondo politico che dai gravi fatti di mafia che seminavano lutti e impoverivano questa disgraziata terra?
E come considerare “le dichiarazioni di Angelo Siino che, nel corso della sua collaborazione, sempre ritenuta fondamentale dalla Procura della Repubblica di Palermo, affermò di avere avuto l’informativa mafia e appalti pochi giorni dopo il suo deposito e che il documento gli era pervenuto, attraverso l’on. Salvo Lima, dal dott. Giammanco”?
Un memoriale, quello di Mori, che mette sotto i riflettori molti punti oscuri che riguardano le stragi del ’92, ma forse anche le ragioni per le quali la mafia continua a governare indisturbata la nostra isola.
Perché – si chiede Mori – le dichiarazioni che si sono conosciute solo a distanza di molti anni ed esclusivamente per l’iniziativa dell’avv. Basilio Milio, di alcuni magistrati della Direzione Distrettuale di Palermo che il 29 luglio 1992 e nei giorni a seguire, sentiti dal Consiglio Superiore della Magistratura, avevano riferito della riunione della Dda di Palermo, tenutasi il 14 luglio 1992, e nella quale Paolo Borsellino aveva chiesto notizie sull’indagine mafia e appalti, non sono state oggetto di nessun accertamento?
Vogliamo ancora parlare di Trattativa o è arrivato il momento di accendere i riflettori su mafia-appalti?
Un articolo da leggere, consigliato per chi ha stomaco forte e non teme di conoscere la verità su quello che accadeva in alcuni palazzi di (in)giustizia.
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