Per diversi mesi era stato il vice dei vice, sottovalutato da Di Maio e Salvini che credevano di poterne tirare le fila quasi che fosse un burattino nelle loro mani, ma già da prima che Salvini, tra un selfie e un mojito in spiaggia, aprisse la crisi di governo, Giuseppe Conte aveva mostrato di non essere il pupazzetto pronto ad obbedire ai suoi due padroncini.
Dalla sfiducia a Conte alla crisi di governo contando sul risultato dei sondaggi,i passaggi che hanno condannato Matteo Salvini all’uscita di scena, rispetto la quale potrà soltanto continuare a esortare il popolo leghista a scendere in piazza. Un popolo che commenta i suoi post promuovendo la marcia su Roma – quando non si spinge a propositi ancor più eversivi – che non tiene neppure conto che proprio il “Decreto sicurezza bis”, voluto dal ministro dell’interno per impedire ogni forma di dissenso, potrebbe rivelarsi oggi un’arma micidiale nelle mani dei suoi avversari.
Salvini, fino all’ultimo istante, dopo aver preso coscienza del suo madornale errore, ha provato a scongiurare il pericolo della nascita di un governo Pd-M5s, e dopo averne lui stesso creato le condizioni è arrivato a proporre a Di Maio la poltrona di presidente del Consiglio, pur di potersi mantenere abbarbicato alla sua poltrona di ministro dell’Interno. Una proposta indecente se fatta da chi parlava di tradimenti e mercato delle poltrone, evocando persino un complotto internazionale.
Conte, dopo averlo asfaltato il giorno stesso delle sue dimissioni, ha incassato un altro risultato. Ha infatti avuto conferito dal presidente della Repubblica l’incarico a formare il nuovo governo. Un incarico che Conte si è riservato di accettare.
La nascita di un governo Pd-M5s, non sarà certo un’impresa facile, viste le fratture interne ai due partiti e le difficoltà a spiegare all’elettorato un accordo che solo qualche settimana fa sarebbe stato impensabile.
Conte si è dimostrato un ottimo mediatore e se la sua strada è tutta in salita, non meno ripida è quella dei suoi due ex vicepremier. Di Maio, ha dimostrato di non essere in grado di fare il “capo-politico” e nonostante i risultati ottenuti con il precedente governo, il suo appiattimento e l’incapacità a contenere l’esuberante ministro Salvini, hanno portato il M5s a perdere i numerosi consensi che aveva ottenuto alle precedenti elezioni politiche.
Salvini, dal canto suo, per interessi personali ha finito con il consegnare il governo al Pd, suo odiato nemico. Un errore che difficilmente i suoi stessi compagni di partito e l’elettorato leghista potranno perdonargli.
Se Atene piange, Sparta non ride!
Gian J. Morici