Su ordine del Tribunale di Udine, le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Udine, unitamente ai Funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del capoluogo friulano, hanno notificato l’Ordinanza di custodia cautelare che dispone la misura degli arresti domiciliari a carico di un imprenditore di Ivrea – dominus di un sodalizio criminale responsabile di una importante frode all’IVA attuata mediante il contrabbando per sottofatturazione di pellet contraffatto dall’Est Europa – e l’interdizione dall’esercizio d’impresa per altri due.
Contestualmente è stato eseguito, a carico degli 11 imprenditori coinvolti, il sequestro di beni e valori per 3,5 milioni di euro.
L’indagine era nata ad inizio 2017, dalla lettura integrata, fatta da Guardia di Finanza ed Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, di un anomalo flusso di combustibile legnoso, importato, nella piazza friulana, da due aziende locali, gestite da due cittadini russi, i trentottenni B.A. e N.S., trapiantati, da alcuni anni, a Udine.
Dopo il sequestro di alcuni carichi di pellet, operato, in più fasi, presso gli spazi doganali del nord est per la contraffazione del marchio di certificazione di qualità, i Finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Udine ed i Funzionari del locale Ufficio delle Dogane, hanno iniziato ad analizzare gli scambi commerciali della filiera di importazione e vendita del combustibile, individuandovi alcune sostanziali criticità che incidevano, sin dall’introduzione della merce in Italia, sulla determinazione e sul versamento dell’IVA e dei dazi doganali. Ipotizzata la frode, è, così, partita l’operazione “perniciosa flagrantia”, che, coordinata dalla Procura della Repubblica di Udine, nella persona del Sostituto Procuratore D.ssa Paola De Franceschi, ha visto Finanzieri e Doganieri ricostruire un articolato disegno criminale che, in pochi anni, ha sottratto alle casse dell’Erario circa 11 milioni di euro.
Il meccanismo, architettato da cinque piemontesi, tra cui un commercialista, e dai due cittadini russi, prevedeva l’acquisto di pellet – e, poi, con altre società, di metalli ed automobili – da alcune società dell’est Europa e, prima ancora dell’importazione in Italia, la contestuale rivendita ad altre due ditte “filtro”, create ad arte per assolvere agli obblighi doganali e, subito dopo, scomparire assieme all’ingente debito d’imposta maturato.
La ricostruzione della filiera illecita – effettuata grazie a certosine indagini, sia tecniche che finanziarie, all’esame di numerosi apparati informatici ed a complessi riscontri internazionali ottenuti, in Austria, Slovacchia e Slovenia, dove il gruppo aveva costituito società fittizie con lo scopo di aumentare i passaggi della filiera commerciale, grazie all’attivazione dello strumento dell’Ordine di Indagine Europeo – ha permesso di individuare il profitto illecito del gruppo criminale e di contestare una serie di altri reati, commessi principalmente dai due soggetti più attivi, C.N.M., eporediese di 65 anni, e T.B., vercellese di 50 anni, meglio noti come M. I. e C. F., i romeni titolari delle ditte “filtro” dei quali, contraffacendone i documenti di identità, avevano usurpato le generalità.
Grazie a questo artifizio, C.N.M. e T.B., presentandosi come i titolari delle due ditte, sono riusciti a confondere la catena degli approvvigionamenti e ad ottenere fidi bancari e conti correnti che, diversamente, non gli sarebbero mai stati concessi.
In Dogana, infatti, i due finti romeni – che, pur senza averne i requisiti, figuravano “esportatori abituali” – provvedevano a perfezionare l’importazione del prodotto esibendo fatture di acquisto con valori inferiori a quelli, già di per sé competitivi, ottenuti dai due russi, così ottenendo il duplice vantaggio, da un lato, di corrispondere un dazio sensibilmente ridotto e, dall’altro, grazie alla qualifica usurpata, di poter compensare l’IVA con inesistenti crediti d’imposta.
La frode, oltre che all’importazione, si è poi ulteriormente ramificata nelle cessioni nazionali, interponendo tra le aziende che avevano acquistato ed importato il prodotto ed i reali acquirenti finali, una serie di società filtro, intestate a prestanome, funzionali al solo azzeramento del debito fiscale. Accogliendo le richieste del Pubblico Ministero, che, a sua volta, aveva condiviso le proposte degli investigatori, il Giudice per le Indagini Preliminari, ha disposto, a carico di C.N.M., dominus del disegno criminale, la misura cautelare degli arresti domiciliari, ed, a carico dei due russi, B.A. e N.S., l’interdizione dall’esercizio d’impresa per un anno.
Per ristorare l’Erario del danno subito, ha, altresì, ordinato il sequestro per equivalente di valori e beni nella disponibilità di tutti i soggetti attivi nella frode per un ammontare di 3,5 milioni di euro.
Il pellet sequestrato, sia nelle perquisizioni eseguite a giugno 2017 che nei controlli negli spazi doganali, pari ad oltre 750.000 chili, verrà devoluto ad organizzazioni umanitarie per l’impiego a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali.
L’attività testimonia la consolidata sinergia tra la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, già storicamente affiancate negli spazi doganali, per una efficace e trasversale – grazie alle rispettive ma integrabili competenze – azione di contrasto ai crimini economico finanziari con proiezioni transnazionali.
L’operazione segna un punto di svolta nella cooperazione interistituzionale, rappresentando come diverse esperienze professionali possano comporsi in una raffinata sinergia investigativa tale da garantire un approccio trasversale e qualificato alla repressione delle numerose attività illecite che operano nel torbido dei vari settori dell’economia.