Non manca giorno che non si registri qualche morto per cause di lavoro.
Perché queste stragi si ripetono?
Sopratutto perché vi è alcun clamore mediatico (anche se vi sono almeno 3 morti al giorno)?
Sono migliaia le vittime dovute a malattie professionali (che avvengono anche a distanza di anni per via della lunga latenza) da esposizioni a sostanze altamente tossiche e cancerogene come le fibre di amianto.
Succede, come nel caso del finanziere in congedo Antonio Dal Cin, di cui parleremo oggi, che tutti costoro restino senza giustizia e senza risarcimenti.
Per i reati connessi all’amianto la giustizia sonnecchia e a tratti adotta un atteggiamento negazionista.
Atteggiamento gravissimo visto che non si può far finta che non si sappia che le morti sono avvenute a causa della sua esposizione.
Ne’ si può fingere di non sapere che le leggi non venivano applicate e che non esistevano le più elementari misure di sicurezza.
Si è quasi finito per ritenere che l’uso dell’amianto fosse un fatto accettato e condiviso sul piano sociale e politico.
A riprova di ciò, ricordiamo che un giudice ha affermato “non possiamo prendercela con i responsabili delle imprese che l’hanno utilizzato e di certo non è compito del giudice condannare il sistema…”.
L’amianto così ha non solo provocato le morti dei diretti esposti alla fibra, ma anche quella dei cittadini di un intero territorio.
L’ex GdiF Antonio Dal Cin, da sempre assistito dal più forte avvocato italiano esperto in amianto, Ezio Bonanni (Presidente ONA), attende che giustizia sia fatta.
Al militare vittima di asbestosi, dopo anni non sono stati riconosciuti i suoi diritti di malato, anzi, nonostante i numerosi appelli alle Istituzioni, viene costantemente ignorato.
Eppure è stato un esemplare “servitore dello Stato” ed ad oggi continua a battersi in nome delle vittime di amianto, attraverso il suo impegno all’interno dell’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto).
https://www.osservatorioamianto.com/
Per evitare che la sua voce e quella di tutti i malati resti in sordina, Antonio Dal Cin ha scritto un accorato appello al Ministro della Giustizia On. Alfonso Bonafede, che riportiamo testualmente.
“La giustizia in Italia, tra democrazia e civiltà.
Buon pomeriggio Ministro On. Alfonso Bonafede, mi chiamo Antonio Dal Cin e sono una Vittima del Dovere che chiede giustizia su questa vita terrena. Nel lontano 4 ottobre 2012 produco ricorso al T.A.R. del Lazio (da allora sono trascorsi 6 anni, 6 mesi, 8 giorni, 2.377 giorni, li sto contando) e ad oggi tutto tace e mi ritrovo incredibilmente ostaggio della giustizia amministrativa. In principio non viene accolta l’istanza cautelare ex art. 55, del D.L.vo 104/2010, ai fini della sospensione, nonostante sia rappresentato che sussiste il “periculum in mora”, cioè il primo dei presupposti che viene in rilievo all’art. 55, comma 1 del codice, ove si richiede che il ricorrente alleghi il pregiudizio grave e irreparabile, durante il tempo necessario a giungere alla decisione del merito Il Giudice si è pronunciato in merito a questo contesto, mentre tutto il resto deve ancora essere deciso. Quando non si sa, e a questo punto sto perdendo la speranza e temo che possa accadermi qualcosa e ciò comporti il lasciare in “eredità” a mia moglie (malata di sclerosi multipla) e ai miei figli (di 12 e 5 anni) questa assurda vicenda. Non vorrei aggiungere dolore al dolore. Stanno già pagando quotidianamente quella condanna a morte che mi è stata inflitta con le fibre di amianto e vivo ogni giorno, tra mille difficoltà. Ma torniamo al ricorso in parola, per cui con atto del 26 febbraio 2018 mi viene comunicato a mezzo PEC in pari data l’avviso di perenzione ultra quinquennale ai sensi dell’art. 82 cod. proc. amm. nel quale “si comunica che il ricorso indicato, essendo decorsi cinque anni dalla data del deposito, sarà dichiarato perento, se non sarà presentata dalla parte ricorrente nuova domanda di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all’art. 24 e dal suo difensore, entro centottanta giorni dalla data di ricezione del presente avviso”. Dunque, al fine di ottenere la decisione della causa, sottoscrivo l’istanza di fissazione udienza ai sensi dell’art. 82 cod. proc. amm.. Inspiegabilmente, continuo a permanere ostaggio di una giustizia amministrativa che chiede tempo a chi non ha tempo, e nonostante abbia presentato ulteriore istanza di fissazione di udienza, tutto tace. Mi appello pubblicamente a Lei, Ministro Alfonso Bonafede, affinchè faccia chiarezza su questa assurda vicenda. Sono fortemente preoccupato, perché il 13 marzo scorso ho presentato un altro ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio, per vedere riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, anche il danno biologico, professionale, esistenziale e morale, nonché mobbizzanti, conseguenti agli atti e fatti illegittimi che ho subito all’interno dell’ambito lavorativo posti in essere dalla stessa amministrazione e materialmente perpetrati anche con l’ausilio di superiori gerarchici. La mia vicenda che non ha precedenti in Italia, durante la scorsa legislatura è stata anche portata all’attenzione del Parlamento con un’Interrogazione presentata in Senato da 12 Senatori del M5S a 4 Ministri. Vivo la mia condizione di malattia, ostaggio della burocrazia e della giustizia amministrativa, tra strane dimenticanze, errori tanto incomprensibili, quanto inaccettabili, senza riuscire ad avere giustizia. La prego, faccia qualcosa, affinché tutto questo non abbia mai più a ripetersi”.
Cordiali saluti.
Antonio Dal Cin
Una vicenda kafkiana.
Un abbraccio.