All’articolo a mia firma pubblicato ieri pomeriggio “Verso l’abolizione dei Codici: una legge per ogni caso clamoroso” (titolo, in verità un po’ troppo lungo e non altrettanto esplicito) ha fatto seguito un notevole numero dei soliti “mi piace” ed alcuni commenti calorosi e lusinghieri dei quali ringrazio gli autori.
Ringrazio particolarmente l’amico Avv. Andrea Granata, sempre attento ed attivo, il cui scritto mi ha colpito e commosso. In esso intende esprimere anche quello che io non ero riuscito ad esprimere con sufficiente vigore e chiarezza.
Parole dure, sconvolgenti:
“Siamo passati ad un sistema tutto italiano di “common law” (legge penale non codificata…) in cui il legislatore trasforma in legge chiacchiere da bar e di talk show…autentici capolavori di supercazzate come il “traffico illecito di influenze”.
Le parole di Andrea, se non rappresentano per me una novità rispetto ai miei convincimenti, me ne illuminano appieno la tragedia del baratro di un Paese civile, quale, malgrado tutto, malgrado certi suoi governanti è il nostro, baratro della mancanza di autentiche, chiare, precise, ferme, delimitazioni delle previsioni punitive.
L’ignoranza, l’irrazionalità producono strumenti di arbitrio e ci mettono nelle mani di magistrati di domani formati sul maneggio di certe oscurità legislative, peggiori dei peggiori tra i magistrati di oggi.
Che fare? Le semplici lagnanze, il proposito, magari, di farsi personali paladini di qualche bel ricorso alla Corte Costituzionale è una presuntuosa evasione, una fuga di fronte al nemico.
Interrogati uno per uno Avvocati, Professori, Studenti di Giurisprudenza, pressoché tutti, salvo qualche seminfermo di mente, leveranno al cielo, sospiri, faranno battute, daranno definizioni taglienti, bolleranno ministri e capipartito magari con termini appropriati.
Ma non ce la possiamo cavare con le barzellette sull’intelletto di Toninelli, sulla cultura giuridica di Salvini, sull’acutezza del pensiero di Bonafede.
Resistere. Reagire. Certo. Ma per farlo una cosa è indispensabile: unirsi in una associazione, oppure attorno ad una fondazione, ad un unico chiaro punto di riferimento politico-culturale. Per una azione comune.
Veniamo al dunque.
Grazie a quanti mi sono stati vicino in questa mia petulante, senile battaglia per la Giustizia Giusta, per il diritto, per leggi ragionevoli e decenti. Grazie a quelli che, mi auguro, vorranno aggiungersi.
Ma, poi:
1° Costituire una Associazione, senza inclusioni automatiche e senza esclusioni per etichette politiche. Chi vorrà farne parte contraddicendo la sua appartenenza a partiti responsabili del disastro sarà ancor più ben accetto, se vorrà essere coerente con la scelta di stare con noi. Poi si vedrà se fa sul serio.
2° Dare a questa Associazione una denominazione chiara e ben delineata. Basterebbe, che so, quella di un articolo della Costituzione.
Associazione che esplicitamente si proponga di contrastare la devastazione dei principi fondamentali del diritto e della procedura penale, in particolare denunciando la follia di certe “nuove” fattispecie di reato che si traducono in discrezionalità dell’esercizio della giurisdizione penale.
3° Segnalare casi estremi, di uso ed abuso di tali esecrabili leggi. Reagire alle dissennatezze di sentenze ed a quelle dei media.
4° Aiutare le vittime di questo assurdo sistema.
5° Prendere atto delle responsabilità personali di Magistrati, di Parlamentari, di Giornalisti rispetto a questo olocausto del diritto. Denunciare tali personali responsabilità anche e soprattutto nelle successive tornate elettorali.
E molte altre cose.
E’ inutile che aggiunga che, per quanto il consenso di tutti e di ciascuno mi faccia piacere, non è con un “mi piace” e con un “condivido” che, cari lettori cui questo scritto non apparirà folle e frutto di una mia decadenza senile, ve la potrete degnamente cavare. Associarsi, essere un corpo ben organizzato per la resistenza e la difesa da questi fenomeni dell’imbecillità. Questo è il minimo da fare.
Mauro Mellini
04.04.2019
P.S.
Spero bene che nessuno vorrà pensare che io voglia, nientemeno, farmi “capo” di una siffatta Associazione, fondazione, ente.
Se già esistesse qualcosa del genere invito tutti a farvi capo.
Mi farò solo carico dell’iniziativa.
Io non ci metto e non ci posso mettere che la faccia e l’idea.