Il progetto Ultraplacad – finanziato dall’UE – termina dopo 42 mesi con la sperimentazione di un nuovo macchinario per la biopsia tramite analisi del sangue
Il progetto Ultraplacad, avviato nel 2015 e finanziato dal fondo UE Horizon 2020 con 6 milioni di € e che ha visto la partecipazione di 13 soggetti di 7 paesi europei (Austria, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Olanda e Repubblica Ceca) fra università, centri di ricerca, aziende e un ospedale, ha messo a punto una nuova metodica e un nuovo macchinario per lo svolgimento della cosiddetta biopsia liquida (cioè che non richiede il prelievo di tessuti ma che permette la diagnosi tramite l’analisi di biomarcatori presenti nel sangue) nel caso del tumore del colon retto, la seconda patologia per incidenza e mortalità in Italia (16% dei casi negli uomini e 12% nelle donne nel 2018) con quasi 500 mila casi, che in Toscana è al terzo posto per decessi (dietro al tumore al polmone e alla mammella).
Ultraplacad – una sigla che sta per Ultrasensitive Plasmonic Devices for Early Cancer Diagnosis – infatti ha permesso la costruzione di un nuovo macchinario di laboratorio fino ad oggi non presente sul mercato in grado di effettuare per la prima volta contemporaneamente l’analisi di due importanti elementi diagnostici e cioè le alterazioni del DNA e la presenza di determinate proteine che, circolando liberamente nel sangue, possono permettere una diagnosi con tempi ridotti, costi inferiori e assenza di disturbi per i pazienti rispetto al prelievo di campioni di tessuto.
All’interno del team di progetto un ruolo chiave è stato assunto dalla facoltà di Chimica dell’Università di Catania che ne è stato coordinatore scientifico. In aggiunta, presso i laboratori dell’università etnea si è sviluppato un innovativo metodo ultrasensibile che parte dallo studio della luce per la rilevazione del DNA e del microRNA oresebnte nelle celllule tumorali liberamente circolanti nel sangue. Questa metodologia è alla base di tutto il progetto e delle sue realizzazioni concrete che hanno permesso la sperimentazione di un nuovo macchinario che ne sfrutta la tecnologia in un test sul campo presso l’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma, dove è stata organizzata una banca dati di campioni ematici di 54 pazienti, che ha già fornito una serie di indicazioni circa possibili piani di sfruttamento e applicazione su vasta scala di questa nuova tecnologia.
Il professor Giuseppe Spoto del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Catania e coordinatore scientifico del progetto, nel presentarne oggi a Roma le conclusioni ha dichiarato “il nostro progetto si qualifica certamente per il suo valore scientifico e per l’innovatività dell’approccio che ha portato a costruire un prototipo industriale del macchinario di laboratorio pienamente funzionante con tutto il relativo sistema di accessori per il suo funzionamento, a partire da cartucce usa e getta per lo svolgimento dei test che modificano radicalmente approccio e costo di queste indagini”.
La metodica di analisi sviluppata da Ultraplacad, infatti, si caratterizza oltre che per il fatto di permettere un doppio screening (DNA e proteine) aumentando così l’efficacia e l’affidabilità diagnostica, per non richiedere – a differenza di tutte le altre metodiche oggi in fase di sviluppo – il trattamento dei campioni per la loro cosiddetta amplificazione. Poiché infatti nel flusso sanguigno sono presenti solo tracce di DNA derivanti dal tumore, fino ad oggi è stato necessario trattare i campioni da biopsie liquide con diversi sistemi che li rendano più adatti a rispondere alle tecniche di estrazione e sequenziamento del DNA oggi utilizzate.
Nel caso di questo progetto, invece, la rivoluzione è l’utilizzo di nano tecnologie per la costruzione delle superfici in grado di generare effetti ottici (plasmonici) molto intensi nel momento in cui si analizzano i derivati del sangue. In sostanza si modificano chimicamente delle superfici di materiali metallici con strutture di dimensioni nanometriche e con molecole in grado di riconoscere in modo selettivo molecole associate al tumore come DNA o proteine.
L’uso delle nanotecnologie e di processi di produzione d’avanguardia ha permesso, in particolare, di ingegnerizzare un sistema di cartucce usa e getta su cui sono tracciati degli spot molecolari sui quali depositare il sangue da analizzare. Il sistema cartucce si è dimostrato non solo efficace ed affidabile per la mancanza di trattamenti preventivi sui campioni ma anche rapido e compatto.
“Il progetto – ha dichiarato ancora il coordinatore scientifico del progetto Giuseppe Spoto – lungi dal poter dire concluso il forte dibattitto che negli ultimi tre anni ha animato la comunità medica e scientifica consente però di dare un passo in avanti verso il vero passaggio che occorre valutare e cioè la trasformazione delle biopsie liquide da metodica di supporto in fase di diagnosi e valutazione rispetto alle tecniche chirurgiche a vera e propria tecnica di elezione in alcune patologie”. “
Seppur sviluppato specificamente per la diagnosi precoce del tumore del colon retto, la tecnologia sviluppata potrebbe essere declinata anche per lo screening di altre famiglie di patologie tumorali con un evidente beneficio in termini di tempi e di costi.