Tre euro buttati via. La prima sensazione che ho provato dopo aver letto un paio di pagine dell’articolo di Lirio Abbate e Giovanni Tizian, pubblicato su « L’Espresso » a proposito della storia di un testimone che avrebbe incontrato Matteo Messina Denaro, è stata quella di aver buttato via tre euro.
Il presunto testimone, la cui identità il giornale ha deciso di non svelare (e ci mancherebbe altro, se fosse realmente tale…) racconta di aver conosciuto il boss al porto di Palermo tra il 2005 e il 2006.
“Il racconto di Gino (nome di fantasia del super testimone) è minuzioso, riporta sempre circostanze che possono essere riscontrate” – scrive il giornalista, che narra di come Gino, toscano con qualche piccola disavventura giudiziaria alle spalle, grazie al fatto che avrebbe conosciuto siciliani legati a “cosa nostra” e calabresi appartenenti ai “clan della ‘ndrangheta”, avrebbe avuto occasione di incontrare il super latitante. Un “siciliano” (basta già questo a far sentire puzza di mafia, eh sì, proprio un siciliano…) tre giorni prima dell’appuntamento a Palermo, gli avrebbe proposto di lavorare con lui.
L’incarico, grazie al quale avrebbe incontrato il boss, era quello portare in Sicilia una valigetta che conteneva denaro contante.
“Sono sbarcato dalla nave e mi sono diretto al punto del porto in cui il siciliano mi ha indicato per incontrarci, e qui l’ho trovato in piedi accanto ad un’automobile. Dentro ho visto una persona seduta (e fin qui ci siamo, sarebbe stato difficile vederla in piedi dentro un’automobile) era Matteo Messina Denaro. È sceso e mi ha salutato con un cenno della mano”.
Quindi, riepilogando, il boss, latitante da 25 anni, avrebbe incontrato il nostro super testimone che, è bene precisare, pare essere l’ennesimo “nuddu ammiscatu cu nenti”, come si suol dire in Sicilia parlando di soggetti di poco conto ed estranei a “cosa nostra”, apparentemente senza alcun motivo che lo portasse a rischiare, dando appuntamento in un luogo dove per una qualsiasi ragione poteva incappare in un controllo, a un uomo che poteva anche essere stato seguito dagli investigatori.
A parte le “clamorose rivelazioni” – delle quali in realtà si parla da tempo – come quella che il super latitante avrebbe bisogno di cure mediche e si sottoporrebbe a dialisi, fatti questi noti già da oltre dieci anni, il vero scoop è il nuovo ritratto che ne vien fuori di un boss di mafia ricercato anche per le stragi del ’92, che, abbandonata ogni precauzione, incontrerebbe sconosciuti, darebbe appuntamenti in ristoranti vicini ad aeroporti, trattorie e bar. In particolare a Pisa, al bar Gambrinus.
Bene, anche ad Agrigento, così come nella stragrande maggioranza delle città italiane, abbiamo un “Bar Gambrinus”. Chissà che il prossimo appuntamento il boss non se lo voglia concedere nella città della Valle dei Templi…
Se questi sono i boss che riescono a rimanere latitanti per oltre 25 anni, c’è da chiedersi come possano riuscirci…
Ma questa è un’altra storia.
Un altro Calcara che raccontò di aver portato una valigia con dieci miliardi di vecchie lire a Marcinkus o un pezzo di folklore il cui titolo poteva essere “Il ritorno della valigia”? L’unico dato di certezza, fino a questo momento, sono i tre euro buttati via…
Gian J. Morici