La Slovacchia è sotto shock per l’assassinio del giornalista Jan Kuciak il 26 febbraio. Le manifestazioni di sostegno si susseguono. Il 27enne era su una pista di corruzione ad alto livello che l’ha portato a legami con la mafia calabrese della ‘ndrangheta.
Un collega del giovane giornalista slovacco ha espresso i suoi sospetti. Jan Kuciak sarebbe stato ucciso prima di poter pubblicare un rapporto sui legami tra i politici ed il crimine organizzato italiano. E’ il secondo giornalista ucciso in Europa negli ultimi sei mesi per aver cercato di denunciare la corruzione. Stiamo parlando della “pista italiana” che Jan Kuciak stava seguendo.
Lo stesso capo della polizia slovacca, Tibor Gaspar, ha dichiarato : “delle prove sono state raccolte ed alcuni individui sono stati arrestati e sotto interrogatorio.” Le operazioni di polizia hanno avuto luogo a Michalowice nell’Est della Slovacchia. Un nome in più purtroppo nella lista dei giornalisti che sono stati messi a tacere e questo poco tempo dopo gli ultimi dati di “Reporter sans Frontières” sulla liberta di stampa e di espressione in cui l’Europa non fa bella figura.
Ciò detto, viene da chiedersi come mai sembra che con l’assassinio di Jan Kuciak si apra il vaso di Pandora come se la “’ndrangheta” ed i boss dell’Est europeo fossero una scoperta dell’ultima ora. I giornalisti dell’Est sono da tempo in pericolo. La mafia italiana agisce su quei territori da tempo. “La Torre dei Crani” di Antonio Evangelista, libro-documento pubblicato nel 2007 e tradotto in serbo nel 2011, già presentava un’importante testimonianza per gli spunti che può fornire a nuove chiavi di lettura all’operato di governi impegnati sul fronte della “guerra al terrorismo” e sulle collusioni tra governi e nuove mafie transnazionali. L’Introduzione è del rimpianto Capo della Polizia Antonio Manganelli e la Prefazione di Pino Arlacchi, un vero esponente dell’Antimafia, che fu amico di Falcone e Borsellino. Il libro di Evangelista è stato il frutto delle sue missioni nei Balcani, non ha letto e riportato ma si è trovato nel cuore di situazioni criminali.
La domanda che dobbiamo porci a questo punto è perché si scopre ora l’uovo di Colombo a spese del giovane reporter? E perché invece di approfondire quanto già denunciato da chi è sul terreno come Antonio Evangelista c’è chi sta strumentalizzando il caso Kuciak? Una volta ancora, forse una di troppo, il tuttologo Saviano rilascia interviste a iosa pontificando e dichiarando che “arriva la ’ndrangheta da esportazione.”, supportato dai media come fosse un guru quando chi, prima di lui, con conoscenza del terreno aveva già denunciato oltre dieci anni fa queste situazioni?
Perché Saviano che vive nel proprio limbo deve essere testimone dal TG7 di Mentana dove parla del governo slovacco e l’operatività della mafia italiana in Slovacchia, in Romania, Albania… deve essere il portavoce di un business mafioso italiano nell’Est? Prendiamo ad esempio l’Albania della quale Evangelista ha lungamente scritto sempre ne “La Torre dei Crani” di cui cito solo un passaggio: “La corruzione diffusa della classe politica albanese e degli stessi apparati di polizia e Giustizia, agevolò ulteriormente lo sviluppo della criminalità”.
Non avevamo bisogno di Saviano per sapere che il delitto di stampo mafioso NON è considerato fuori dall’Italia e che gli altri paesi parlano “semplicemente e superficialmente” di criminalità organizzata. Lo stesso vale per altri media come Repubblica. Mentana ha invitato Saviano “ad andare a Bratislava a raccontare…. “Sembra che i giornalisti possano essere difesi dopo ammazzati” ha affermato il tuttologo. Prima di lui, durante e dopo da “Reporters sans Frontieres”, “Ossigeno per l’Informazione” ed altre Ong o anche semplici giornalisti testimoni di esazioni quotidiane denunciano da anni ed anni quello che Saviano fa suo, dalla sua cattedra.
L’omicidio di Jan Kuciak e della sua fidanzata non devono essere strumentalizzati da un portavoce unico dell’antimafia quando tanti prima di lui ed ogni giorno si battono contro le piovre.
Luisa Pace
Antonio Evangelista ha diretto le indagini sui crimini di guerra e a guidare la polizia criminale, nella qualità di comandante del contingente italiano presso la missione ONU in Kosovo (UNMIK) e fra i suoi libri-testimonianza vi sono anche “Madrasse” ed “Il Califfato d’Europa”.
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