La relazione che la Commissione Parlamentare Antimafia ha redatto sui rapporti tra Mafia e Massoneria in Calabria e Sicilia dovrebbe essere attentamente analizzata da psicanalisti seri che non potrebbero, intanto, che prendere atto che la Commissione, che dovrebbe essere d’indagine, è piuttosto l’officina di assemblaggio di pregiudizi, leggende, elaborazioni ideologiche. E tanta materia di studio per la psicanalisi.
Ho già scritto qualcosa sul ruolo che Massoneria, Servizi Segreti, C.I.A., e tutto l’altro armamentario dell’immaginario “dietrologico” hanno nelle indagini giudiziarie, nelle quali rappresentano “l’ovvio inconoscibile” ed, la giustificazione del limite, del vuoto di ogni indagine, specie se di grande e “storico” rilievo ed, al contempo ne sono il presupposto culturale, la trama implicita.
Ognuno di questi fantasmi ha radici che non sono solamente giudiziarie e frutto della devianza giudiziaria. Hanno una loro storia, sono espressioni di aspetti diversi dei residuati di una subcultura genericamente oscurantista ma di diversa estrazione e di tempi diversi.
La fobia antimassonica è quella di cui più agevole è ritrovare le origini, le logiche (si fa per dire) e le stratificazioni dei pregiudizi nel Cattolicesimo reazionario dell’epoca risorgimentale e postrisorgimentale, nelle prediche di Padre Bresciani, nelle “rivelazioni” del pentito ante litteram Léo Taxil e, al contempo, nell’estremismo socialista di Mussolini e dei “sindacalisti rivoluzionari” del principio dello scorso secolo.
Ma nell’armamentario dell’Antimafia, nel quale il pregiudizio antimassonico si impone sotto forma di dogma delle connessioni tra Mafia e Massoneria, connotazioni del tutto particolari della antica ostilità si evidenziano e prevalgono. La prevalenza della subcultura del “sentito dire”, i circoli viziosi delle voci correnti tra gli strati meno acculturati, attraverso la parola dei pentiti, indirizzati dalle convinzioni dei magistrati che li “gestiscono” e che a loro volta se ne fanno ragione dei loro convincimenti, si manifesta in un’atmosfera di strumentalizzazione mediatica agli estremi dell’irrazionalità e delle teatralità.
La Commissione Parlamentare Antimafia, che sempre più manifestamente ha svolto e svolge un’attività che con l’indagine assai poco ha a che fare e sempre più evidentemente si riduce alla manipolazione ed alla cassa di risonanza delle peggiori devianze giudiziarie, ha raggiunto, con la presidenza della Rosy Bindi e con l’indagine su Calabria e Sicilia un livello inimmaginabile di banale strumentalizzazione delle sue funzioni.
Senza voler dare alla fobia antimassonica di cui ha dato ennesima e grottesca dimostrazione la Commissione Parlamentare un’origine ed un carattere eccessivamente personalistico riconducibile alla cultura, si fa per dire, della sua Presidente, si sarebbe portati a ritenere che nella ricomparsa delle antiche connotazioni ideologiche, nella fobia antimassonica c’è un residuato della formazione parrocchiale della arcigna oggi esponente del P.D., che hanno trovato modo di riaffiorare e manifestarsi. Ma è troppo evidente e completa la rispondenza al modello per così dire “giudiziario-sinistrorso” dell’ineffabile documento bindiano che, se di tale origine vi sono le incancellabili tracce, esse sono filtrate attraverso le solite elucubrazioni che ci ricordano piuttosto le convulsioni mentali degli estremisti di “Magistratura Democratica” della prima ora.
Una considerazione deve essere premessa ad ogni altra.
La relazione, ma prima ancora di essa, la stessa indagine, sono chiaramente indirizzate ad eludere le censure della Corte Europea che fecero seguito, alle persecuzioni connesse con la “questione P. 2” negli anni ’90 dello scorso secolo. Il carattere di una indagine politica su eventi politici, che dovrebbe avere un’inchiesta parlamentare non avrebbe potuto essere oggetto di un ricorso a Strasburgo come ultima istanza relativa, invece a provvedimenti restrittivi della libertà di associazione insita in atti e provvedimenti giudiziari nell’ambito delle operazioni di demolizione della Prima Repubblica cui allora si era fatto ricorso, andando incontro, appunto alle censure della Giurisdizione Europea.
Ma proprio questa finalità è la riprova del pregiudizio e del carattere persecutorio della grottesca indagine bindesca.
Andando poi a leggere la prosa, credo ascrivibile alla stessa Presidente, e cercando di individuare le logiche cui la Commissione si è ispirata, non si sa se ci sia da rimanere sbalorditi, indignati o divertiti.
Se, infatti si legge nella relazione che esula dagli intenti dei Commissari ogni valutazione di criminalizzazione in sé della Massoneria, sfugge poi ad ogni proposito di prudenza dei relatori una ben più decisa affermazione del contrario, insita in un curioso modo di argomentare. Infatti è indicato quale motivo di sospetto di illeciti e gravi legami col crimine organizzato, di illiceità intrinseca di tutte le obbedienze massoniche, il fatto che tali sospetti sono suscitati dal fatto in sé della esistenza della Massoneria e dei Massoni.
Rapporti e connessioni tra Mafia e Massoneria sono infatti individuati nel fatto che vi siano tanti Massoni. Ne fa il conto la relazione di quelli risultanti tra gli Amministratori di talune Provincie Siciliane.
Perché tanti Massoni? Evidentemente per delinquere, per offrire concorso esterno alla mafia, per gestire illeciti affari assieme ad essa.
Tale considerazione, applicata alla rilevazione del numero degli Amministratori iscritti, invece che alla Massoneria, al P.D., porterebbe a conclusioni spaventose. Che, invece, sia piuttosto comico un simile modo di sragionare, non esclude che il pregiudizio in esso implicito non sia cosa da accettarsi sorridendo.
Che il vincolo di solidarietà tra i “fratelli” “consenta” il dialogo tra magistrati, poliziotti, amministratori e mafiosi è una solenne sciocchezza, perché il “dialogo” non ha certo bisogno di una comune appartenenza ad una associazione per potersi sviluppare, né ha bisogno di altra condizione che la mancanza di senso del dovere degli uomini dello Stato per potersi realizzare. Per non ripetere che anche l’appartenenza ad uno stesso partito (chi sa quanti mafiosi sono iscritti al P.D.!!) potrebbe considerarsi tale da “consentire” tali dialoghi.
Ma quando, per sostenere la “segretezza” (sospetta e pericolosa) della Massoneria si evoca il fatto che gli elenchi dei “fratelli” sono tenuti male, con generalità incomplete, si comincia a navigare nel grottesco.
Il culmine è però nell’affermazione contenuta nella relazione secondo cui “un senso di riservatezza a dir poco esagerata (!!??!!)…è sugellato…da una sorta (??) di supremazia riconosciuta (??!!) alla legge massonica rispetto a quello dello Stato. Peculiare appare il giuramento del G.O.I. (Grande Oriente d’Italia la più consistente “obbedienza massonica) in cui l’affiliato è tenuto (ma l’estensore non è tenuto, a quanto pare, ad usare grammatica e lingua italiana) ad osservare la Costituzione, quasi si riservi (???) un giudizio di legittimità costituzionale massonica, sulle leggi che, dunque (??) non sono da rispettare sic et simpliciter.”.
Insomma giurare (ma i Massoni del G.O.I. da quasi un ventennio non prestano più un giuramento…!!) di osservare la Costituzione è motivo di sospetti.
Mattarella (parlo di Sergio, ovviamente, non di Bernardo) avendo giurato di osservare e difendere la Costituzione è dunque sospettabile di riservarsi a suo piacimento di osservare o meno il Codice della Strada!!!
Ma qui non è questione di pregiudizio antimassonico. E’ questione del tutto personale di capacità di ragionare. Antimafia demenziale.
La conclusione propositiva di così acuta indagine è perfettamente in linea con le proposizioni tautologiche in cui si affermano i risultati delle “ricerche”.
Occorre, dice la Commissione, una nuova legge, visto che la Anselmi-Spadolini si è dimostrata inconcludente (e non ha portato all’agognato traguardo della soppressione della Massoneria). Una legge “che vieti la segretezza di tutte le associazioni che celino la loro essenza”.
L’”essenza” di una associazione è concetto rimesso alla comprensione di chiunque si ponga il problema (ed il pregiudizio). In altre parole: è vietato alle associazioni segrete di essere segrete.
Ancora: Antimafia demenziale.
Mauro Mellini