UNITA’ REPUBBLICANA
Associazione politica per l’Italia della ragione
C’è qualcuno, da tempo trasferitosi nelle fila del PD, che improvvidamente sta tentando di sostenere che la tradizione repubblicana, quella autentica, sarebbe da tempo schierata a favore della riforma costituzionale Renzi-Boschi. Secondo costoro la sostenevano già Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini e bon ultimo Antonio Maccanico, oltre non meglio identificati ex parlamentari. Questo qualcuno ha ben imparato la lezione renziana, quella di imbrogliare, di barare, di dire bugie ad ogni piè sospinto, nella toscana tradizione collodiana. In cosa consisterebbe l’appoggio di Ugo La Malfa alla riforma Boschi-Renzi? Al fatto che da La Malfa in poi i repubblicani si sono sempre battuti per l’abolizione delle province. In cosa consisterebbe l’appoggio di Giovanni Spadolini? Al fatto che Spadolini pose a base del suo governo dieci punti di comportamento politico. In cosa consisterebbe l’appoggio di Maccanico? Nel fatto che Maccanico era favorevole all’introduzione di un sistema elettorale maggioritario.
Bene, domandiamo a chi impudentemente scrive queste cose cosa c’entrino le posizioni di La Malfa, Spadolini e Maccanico con la sgangherata riforma Renzi-Boschi. Vorremmo ricordare a costui e ai suoi amici, da troppi anni allontanatosi dalla vita e dalla cultura repubblicana, che Ugo La Malfa non aveva nessuna debolezza verso l’ingegneria costituzionale come scorciatoia alla soluzione dei drammatici problemi del Paese e al contrario ha sempre sostenuto che la stabilità dei governi è una condizione rimessa integralmente alle forze politiche e alla loro capacità di costruire formule di governo. Spadolini, a sua volta, ha sempre avvertito “guai a chi identificasse nei congegni, anche se inattuati, del sistema costituzionale i vizi e i difetti che appartengono alla responsabilità delle forze politiche che governano o non governano il Paese”.
Questa è sempre stata la posizione dei repubblicani, che peraltro, non sono mai stati contrari ad affrontare la discussione su una riforma complessiva della Costituzione in termini prospettici e non come diversivo strategico per allontanare l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi gravi e reali dell’Italia o, peggio, come strumento per accentrare tutto il potere nelle mani di un partito e del suo capo, cancellando in un solo colpo quell’equilibrio dei poteri che deve restare alla base di ogni costituzione che si possa definire realmente democratica.