Ieri sono stati posti i sigilli all’impianto di depurazione comunale dei reflui fognari a servizio del Comune di Santa Maria di Licodia. Il provvedimento è stato disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari su richiesta della Procura etnea, a seguito delle indagini condotte dalla Sezione di P.G. del Corpo Forestale dello Stato presso la Procura Distrettuale della Repubblica di Catania.
Le verifiche effettuate e l’esito delle analisi di laboratorio, compiute dai tecnici di ARPA Catania, hanno consentito di accertare le gravi carenze dell’impianto di depurazione che scarica i reflui, dopo il processo di depurazione, nel vallone Solpa Maneri denominato anche Spurpi. I risultati dei campionamenti nelle condotte in uscita sono stati sconcertanti: valori di Esherichia coli (4.000.000 UFC/100 ml) anche 800 volte superiori al limite massimo
indicato nella normativa vigente; quelli di Azoto Ammoniacale come NH4+ anche tre volte superiori; quelli dei macrodescittori COD e BOD5 rispettivamente due volte e quattro volte superiori ai limiti soglia. Tutto ciò segno di un preoccupante fenomeno di inquinamento alle matrici ambientali, di deterioramento e compromissione del corpo idrico superficiale, di uno stato di degrado e di alterazione dell’ambiente naturale, causati inequivocabilmente dall’immissione dello scarico proveniente dal depuratore di Santa Maria di Licodia. Tanto più che le “acque” che scorrono nel vallone Solpa Maneri vanno poi a confluire in quelle del Simeto.
L’impianto allo stato attuale risulta privo di autorizzazione allo scarico, in quanto, come indicato da Dipartimento Regionale dell’Acqua e dei Rifiuti, la precedente autorizzazione risulta priva di efficacia poiché rilasciata ai sensi dell’art. 40 della L. R. 27/86. Una nuova istanza risulta tuttavia presentata dal Comune ai sensi della D. Lgs. 152/06.
Nel registro degli indagati sono stati, per il momento, iscritti due rappresentanti della società incaricata della gestione e del funzionamento del depuratore.
Le indagini delegate dalla Procura etnea hanno preso il via a seguito di una informativa trasmessa da ARPA Catania oltre che da denunce ed esposti dei proprietari dei terreni limitrofi al torrente, per i rischi igienico sanitari oltre che per i danni alle colture.
Gli uomini del Corpo Forestale dello Stato ed i tecnici hanno accertato che a monte dell’immissione della condotta sul canale scorreva acqua limpida e comunque con valori poi risultati nella norma. A valle in senso idrologico, le stesse diventavano torbide, maleodoranti e con presenza di schiume. Sia pur diluite presenza di acque pulite, lo stato di quelle successive all’immissione della condotta di scarico evidenziava chiari livelli di contaminazione fecale, sintomo di una non completa e corretta attività di depurazione dei reflui fognari.
I magistrati hanno pertanto ritenuto che quanto accertato realizzasse, non una temporanea compromissione del corso d’acqua, ma un danno concreto all’ambiente che la libera disponibilità dell’impianto avrebbe solo peggiorato.
L’impianto oggi posto sotto sequestro non verrà comunque fermato, in tal caso i rischi per gli abitanti del Comune sarebbero stati ancora più gravi, ma il G.I.P. ha concesso l’autorizzazione all’uso, consentendo la prosecuzione dell’attività, ma nominando da subito custode il Direttore della Struttura Territoriale di ARPA Catania. Lo stesso dovrà assicurarne lo svolgimento dell’attività di depurazione in conformità alle disposizioni di legge.
E’ comunque una delle prime volte che viene applicata a tali fattispecie la nuova normativa in materia di delitti contro l’ambiente introdotta dalla L. 68/2015.
Viene dunque sequestrato un altro depuratore della provincia etnea, segno questo di un costante impegno della Procura e delle forze dell’ordine nei riguardi della gestione e del funzionamento degli impianti oggi troppo spesso inadeguati, con grave danno per l’ambiente e per la collettività.