“E’ una barbarie!” tuona.
“Indagano un povero vecchio di ottanta anni solo sulla base della telefonata tra due segretarie!”, lasciando capire che il vecchio è un povero rincoglionito che manda in giro curriculum per sport mentre queste due, chissà, forse anche lui si chiede come facciano le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati.
Perché che diamine! in casa Alfano non si vive di raccomandazioni, da bravi democristiani tutta casa e famiglia, l’onore prima di tutto.
Poi però scopri che il fratello ha fatto una carriera (anzi diverse carriere) in una maniera che definire anomala è un eufemismo.
Che ste raccomandazioni giravano per l’aere a botte di decinaia e decinaia, e che gli indagati e gli arrestati c’erano personaggi che si sospetta usassero il vecchio “do ut des” non tanto per fare favori a fratelli o figli di, ma anche per ottenere appalti truccati, e forse chissà, magari motorini truccati, come direbbe Elio.
Certo, in tutto questo il papà di Alfano che manda in giro CV fa tenerezza, in fin dei conti è niente in confronto a quello che si contesta a personaggi del calibro di Giuseppe Pizza, che con un nome così altisonante pretende di avere il copyright sul simbolo scudocrociato, e che fu uno dei tanti sottosegretari di uno dei tanti governi Berlusconi, che insomma un sottosegretariato non si nega a nessuno oggi giorno.
La telenovela probabilmente finirà a chi si indigna di più, con Alfano sollecitato a dimettersi e a mandare a casa il governo come fece Mastella con Prodi.
Però Angelino non è stupidino (scusate la rima): non c’è (più) pronto un Berlusca a raccattare gli esodati del centrosinistra, quindi sfuggire al renziano abbraccio mortale significa perdere il potere, senza nessuna certezza di poterlo riprendere.
E poi papà a chi li manda i curriculum?
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