Quanti anni sono che Messina Denaro è latitante? Non solo latitante, ma il n. 1 di tutti i latitanti. E, a quanto pare, il numero uno di Cosa Nostra.
Nella relazione annuale della D.D.A. (Direzione Antimafia) la questione della latitanza di Messina Denaro ha una collocazione di tutto rispetto (si fa per dire); è la materia di un capitolo, come la questione del declino di Cosa Nostra, dei tentativi per ricostituire gli organismi centrali etc. etc.
Si dà la caccia a questo latitante sul presupposto, non del tutto indiscutibile, che sia ancora vivo, su quello altrettanto non proprio certissimo “al di là di ogni ragionevole dubbio”, come recita una delle espressioni più inutili e sbeffeggiate del Codice, che sia ancora in Sicilia. Ma si dà la caccia anche a certe sue imprese che non solo non sono certe, ma che viene da ridere a vedere che taluni ci vogliano credere, come il “bidone”, o quel che in esso sarebbe stato contenuto, di esplosivo per un prestigioso attentato a Di Matteo, il P.M. adorato dalle confraternite antimafia.
Si dà la caccia (cioè si vuole cacciar via) un Consigliere Comunale del suo paese perché “ha detto bene” di Messina Denaro.
Per farla breve: Messina Denaro è un personaggio centrale. Più che della mafia, dell’antimafia. E, già, perché senza Messina Denaro la mafia non solo sopravviverebbe, ma si evolverebbe e si svilupperebbe altrimenti che nelle filastrocche divenute oramai noiose. Per non dire che non è da escludere che già ne faccia a meno, perché, magari già non c’è più, almeno in Sicilia. Ma l’antimafia senza Messina Denaro, dopo qualche giorno di feste e di celebrazioni che so, per una imprevedibile cattura o per una morte più o meno accidentale, dovrebbe fare i conti con le molte buone ragioni che suggeriscono una sua sopravvenuta inutilità, con esigenze manifeste del ritorno ad una “normalità” che, contrariamente alle teorie professate da tanti magistrati, è la stessa legalità, lo stesso diritto (magari, quel tanto che ne resta dopo le manomissioni di legislatori da operetta ed “interpetri” con manie “evolutive”.
Che la cattura di Matteo Messina Denaro sia paventata più che desiderata da personaggi che ne hanno fatto un Satana dei loro trattati di demonologia, dei loro “Mallea maleficarum”, delle loro “prassi” di “lotta” etc. etc. non sono io solo a sospettarlo.
E qualcuno ha inteso formulare sospetti del genere in ambienti in cui dovrebbero esistere davvero ragioni più che solide per permettersi ipotesi al riguardo.
Come è possibile? Vacilla la ragione?
Andiamo verso il rovesciamento di tutti i valori etc. etc.?
Forse la cosa è più semplice. Cioè ha alle sue spalle una storia che ne dimostra la corrispondenza ad interessi e metodi antichi e radicati. Chi lo dice? Ma certo: è G.G. Belli che ci dà la chiave di questa storia, con un sonetto che vale più di molti volumi sulle teorie dell’autoconservazione delle categorie, degli interessi, dei mestieri, delle classi sociali:
ER MATARAZZARO
Ciamancavio mo voi, sori cazzacci,
Co sti vostri segreti e ciafruhietti
Pe distrugge le cimice e l’inzetti
Drent’a li matarazzi e a li pajacci.
Pe voantri saranno animalacci,
Ma ppe chi campa cor rifà li letti
Le cimice pe lui so animaletti
Che Dio l’accreschi e che ben pro je facci.
Nun è né er primo caso né er ziconno,
Che un letto pe du’ vorte in un’annata
S’è avuto d’arifà da cap’a ffonno.
Per questo la bon’anima de tata
Rifacenno li letti co mi’ nonno,
Ce lassava una cimicia agguattata.
18 marzo 1834
E’ chiaro? Non mi pare ci sia altro da aggiungere.
Mauro Mellini