(IL FLOP DI UNA TRUFFA ALL’AMERICANA)
Le cosiddette “primarie” del P.D. si sono risolte in un naufragio, per non usare un termine più crudo. Non nel naufragio di una o di un’altra delle “correnti” del P.D., di uno o dell’altro candidato. E nemmeno, o, semmai, nemmeno soltanto nel naufragio del P.D., che disinvoltamente passerà da questo ad un altro imbroglio ammantato di chiacchiere. Il naufragio è quello di questa autentica truffa che è rappresentata da una falsa e carnevalesca imitazione delle “primarie” vere, quelle U.S.A., fondate e radicate sulla esistenza secolare di due partiti e nel complesso sistema del voto presidenziale degli Stati Uniti.
Il bassissimo livello dei partecipanti alle false votazioni, particolarmente evidente a Roma, la compravendita di voti a Napoli, la mancanza di effettive contrapposizioni di candidati e di almeno una parvenza di diversificazioni un po’ dovunque, ha finalmente mostrato la realtà di una vera e propria truffetta, quale furono le “primarie” fin dalla loro prima edizione, quella del 2006, per la scelta del candidato premier nella coalizione formatasi già attorno (ed a condizione) della persona di Romano Prodi.
La truffa delle false “primarie” ha avuto un imprevedibile successo, dovuto allo scadimento ed allo sfascio di tutto il sistema politico e proprio alla mancanza di una reale presenza di partiti politici, che delle “primarie vere” è essenziale presupposto.
Questo sistema di falsa partecipazione popolare (che sarebbe stato facile dimostrare ed approfondire con un’attenzione meno che superficiale a quanto ogni volta si è verificato in tutta Italia) e di abbattimento del confine tra organizzazione privata dei partiti e pubbliche istituzioni fondate sul voto popolare ha contribuito in maniera rilevante alla pericolosa e grottesca evoluzione del P.D. in “Partito della Nazione” e, di conseguenza, allo scardinamento delle libere istituzioni in Italia.
Il danno di questo truffaldino giuocare alla democrazia, in cui, specie in provincia, si sono verificati i più grotteschi e sporchetti travasi di voti (altro che questione del voto dei cinesi e degli extracomunitari!!) non ha influito solo sulle evoluzioni deteriori del P.D. Anche i partiti (o quel che ne resta) che non hanno fatto mai le “primarie”, ne sono rimasti intossicati, magari guardando ad esse come alla soluzione del problema della loro inesistenza più che della loro decadenza.
Ricordo che, dopo il capitombolo della Moratti al primo turno delle Comunali di Milano, che segnò l’inizio della rovina di tutto il Centrodestra, fu indetta, mi pare da Giuliano Ferrara, una manifestazione al Teatro Capranica a Roma, in cui ci si proponeva di “trovare la via della risalita”.
Vi andai, anche perché speravo di poter vedere una certa persona che si era data “alla latitanza” nei miei personali confronti.
La conclusione del “non dibattito” fu che “bisognava fare le primarie”. Un modo come un altro per dire, tra l’altro, che la colpa era della Moratti e, magari di Berlusconi. Ma che soprattutto era la prova che al Centrodestra non rimanevano più nemmeno gli alibi. E così fu.
Chi si aspettava che dalle “primarie” venisse fuori, almeno, una nuova classe politica, più aderente ai problemi locali, delle città e della gente, ebbe la peggiore delle delusioni.
Chi pensò che con le “primarie” si creasse un nuovo sistema democratico “all’americana”, fu smentito in modo ancor più brutale. Nate come un falso da operetta le primarie servirono egregiamente a far evolvere nel senso della falsità, della ambiguità e, più specificamente, della pericolosa e mostruosa china del “Partito della Nazione”, tutta la politica italiana.
Al concetto delle “primarie”, cioè della democrazia senza partiti (e dei partiti senza democrazia) è legato tutto il renzismo, il “Partito della Nazione”, ed in particolare l’operazione rottamatoria delle Costituzione del due etrusco Renzi-Boschi, il pasticcio della cosiddetta riforma costituzionale.
Ma allora la risposta alle “primarie” P.D. ed al loro naufragio non può essere che una.
La sola, del resto, che è possibile ad una frantumazione di ex partiti e di neoformazioni pseudopolitiche, incapaci di trovare convergenze organizzative e programmatiche, ma tale di essere, invece, vive e vitali almeno in un atteggiamento di rifiuto dell’unanimismo che, anche all’ombra truffaldine delle pseudoprimarie, ci offre Renzi: il NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE.
Il NO al referendum sia anche la presa d’atto e la risposta al naufragio della “truffa all’americana” delle cosiddette “primarie”.
Mauro Mellini