Se qualcuno, in vena di sintesi, definizioni ed analisi genealogiche di formule e di etichette della politica volesse proprio trovarne per la stagione che stanno vivendo la società e lo Stato italiani, dovrebbe riconoscere che la situazione attuale ha origine, anzitutto, da una serie concatenata di operazioni golpiste giudiziarie. C’è, naturalmente molto dell’altro, come c’era dell’altro, oltre alla violenza squadrista e paramilitare dell’avvento del fascismo. Ma il fascismo non ha mai rinnegato lo squadrismo e il “santo manganello”, né ha mai sostenuto di essere andato al potere convincendo le masse con gli argomenti dei discorsi di Mussolini, di Farinacci, di Balbo e di Bottai e, magari, di Starace e, quindi con il voto “liberamente espresso” nel 1924 e in altre occasioni.
Ma se andate a dire a Renzi che è insediato a Palazzo Chigi e che si sta attrezzando perché il “Partito della Nazione” diventi inamovibile grazie ai successivi golpe giudiziari, qualcosa come lo “squadrismo giudiziario” con l’uso di “manganelli” con i quali sono stati fatti fuori personaggi e partiti avversi o, comunque, non “allineati”, proverà a ridervi in faccia e poi si dimenerà per dimostrare che siete matti.
Ma, se è indubbio che vi sono stati un numero impressionante di processi politici, che meglio sarebbe definire di persecuzione politica e che la magistratura se ne è fatta carico, adeguandosi a tal ruolo addirittura trasformandosi in istituzione-partito (o partito-istituzione) è difficile negare che quanto è avvenuto nell’arco degli anni che vanno dal 1992 al 2011 non sia stato frutto di quelle abnormi operazioni giudiziarie, che esse non possono non considerarsi unitariamente, come frutto di una concezione politica violenta, in cui l’avversario va colpito e distrutto proclamando ed attuando l’”illiceità” del suo essere, camuffando ciò come la condanna del suo operare.
Ci sono una serie di processi “eccellenti”, oramai fatti oggetto di un lavoro storico e, quindi, non solo delle giornaliere cronache pilotate, per lo più, dalle stesse Procure, sui quali sono stati scritti libri che, proprio perché puntuali e documentati al massimo, non sono magari di agevole lettura per la gran parte dei cittadini (che, del resto leggono assai poco e pochissimo i libri) attraverso i quali appare evidente che una continua “giustizia dell’emergenza” o “giustizia di lotta” (cioè giustizia dichiaratamente di parte) con metodi, garanzie (si fa per dire) sistemi probatori a ciò congeniali e con un armamentario legislativo sia pure ipocritamente non esplicitamente finalizzato alla utilizzazione per le sopraffazioni, hanno sistematicamente fatto fuori quanti potevano rappresentare non solo “il vecchio” della classe politica, ma anche, e direi soprattutto, un possibile “nuovo”.
C’è stata una “direzione strategica” di questa lunga e vastissima operazione?
E’ un interrogativo che non si debbono porre solo i maniaci o, comunque, i teorici, dei “complotti”. Io sono convinto che i golpe, quelli che non sono solo tentati, ma che riescono, sono proprio quelli che nascono, più che da segreti conciliatori, dall’”aria che tira”. Né la “strategia” politico-golpista è necessariamente esercitata da ben definiti “comitati di emergenza”. Ci sono “Marce su Roma” (o su altre capitali) senza i “quadrunviri” (che, del resto, nel 1922 erano quelli destinati a parare il fondo schiena a Mussolini in caso di insuccesso).
Ma prendiamo tutta una serie di processi, magari solo quelli sui quali sono stati scritti dei libri che non siano da considerare una sorta di “pene accessorie” per ulteriormente avvilire e screditare il “condannato”.
Prendiamo i processi ai segretari dei partiti, al C.A.F. nell’ambito delle poco nette “Mani Pulite”. Prendiamo il processo a Mancini (esempio di scandalosa utilizzazione dei pentiti) poi assolto quando non ha più costituito un pericolo, i processi a Craxi, con l’assioma “non poteva non sapere”, i processi “a grappolo” per concorso a premi, si direbbe, tra le Procure a Berlusconi, il processo (scandaloso per il sistema delle intercettazioni e delle loro interpetrazioni anche di quello che non c’era) a carico di Cuffaro (che rischiava di far sopravvivere, almeno in Sicilia, il CDU e, quindi, la D.C.). Sono tutti processi spaventosi singolarmente considerati. Ma, messi assieme, testimoniano una lunga stagione di prevaricazione giudiziaria. Sono i trofei del Partito dei Magistrati e lo strumento con il quale esso ha finito per “delegare” il potere a Renzi, al “Partito della Nazione”.
Naturalmente essi non sono che la punta di iceberg, ché con chi sa quanti altri di non diversa natura è stata completata l’opera e creata attorno al nuovo regime il vuoto e la sconcezza di un’antipolitica velenosa e dissennata, che, oltretutto, serve a “giustificare” come un abusivo “meno peggio” il Renzismo.
Il modello del processo politico, così come è stato reso possibile, nella sua versione attuale italiana, dalla “giustizia di lotta” al terrorismo, alla mafia etc., a sua volta è divenuto il modello di una giustizia arbitraria, ipocrita, falsificante, che oramai è tale anche per i casi “ordinari”.
Inoltre l’abbattimento di ogni simulacro di certezza derivante dall’arbitrarietà propria di processi strumentalizzati a fini politici, ha determinato tra le gente il diffondersi di una mancanza del senso del limite tra il lecito e l’illecito. La convinzione (non infondata) che l’uno e l’altro dipendono da “quel che piace a loro”, ha reso ancor più labile il senso del rispetto del bene pubblico, del dovere di fedeltà allo Stato ed alle sue leggi. Non solo, ma l’accesso alla classe politica è evitato da chi non voglia essere, a torto o a ragione, coinvolto nella disonestà e lasciato ai disonesti.
Mauro Mellini