Si parla molto della situazione dei migranti in Europa. Onde di rifugiati siriani fuggono a causa del conflitto, titolano i media, da quando l’immagine del piccolo Alan che giace immobile sulla spiaggia ha fatto scalpore in tutto il mondo.
Un’immagine e un clamore che avevo già commentato nell’articolo dal titolo “Grazie Signora Merkel”.
Questa volta non voglio scrivere di politica, della Merkel, di Renzi o di Alfano, né del piccolo Alan o del perché improvvisamente tutti i direttori delle testate giornalistiche che fino a ieri non pubblicavano “immagini forti”, hanno scoperto di avere un’anima e che foto come quella del bambino annegato potevano servire a sensibilizzare l’ opinione pubblica e, da non credere, persino politici di ferro come la Merkel.
Questa volta ritengo che sia più importante fare un punto sulla situazione e provare a capire chi sono le migliaia di persone che stanno entrando in Europa.
È di questi giorni la vicenda di Osama il profugo, sgambettato dall’operatrice della tv ungherese, Petra Laszlo, sul quale c’è il sospetto . che si tratti di un uomo legato alla falange terroristica di Jabhat al-nuṣra. Un sospetto alimentato dai curdi siriani, ma anche da coloro che nel Kurdistan iracheno lo identificano come un membro di Al Qaeda responsabile della morte violenta di 50 curdi.
Abu Azriel e Sadjid Ali al-Atubi, sono nomi che ai più non diranno nulla, ma che nel paese di provenienza sono molto conosciuti. Abu Azriel – conosciuto come ‘l’Angelo della morte’ – che recentemente è stato visto in video mentre affettava il cadavere bruciato di un terrorista dello Stato islamico, ha definito come “tradimento” e “cospirazione” israelo-americana, il recente deflusso delle milizie irachene.
Fin quando Al-Quds al-Arabia ha pubblicato l’articolo dal titolo ‘La fuga del più importante aiutante di Abu Azriel in Austria’, al quale replicò affermando che Sadjid Ali al-Atubi, il suo vice, stava godendo di un congedo per ‘questioni familiari’.
Emersero tuttavia delle prove sulla fuga di Atubi in Europa. La fuga di Atubi verso la Grecia e da lì fino campo profughi di Traiskirhen, vicino a Vienna, è stata narrata da Cheb Billal al-Bayati, che descrive i dettagli del viaggio.
Si scopre così la fuga in massa delle milizie irachene e siriane, verso l’Europa. Infatti, nel frattempo, quelli che probabilmente sono nemici sunniti, hanno iniziato a pubblicare video e immagini degli ex miliziani sciiti che arrivano nei paesi europei.
Al dubbio che combattenti dello Stato Islamico siano entrati in Europa insieme a migranti economici e profughi richiedenti asilo, si è aggiunta una certezza: l’arrivo di combattenti di gruppi armati curdi e sciiti e quello di militari e ufficiali dell’esercito siriano di Assad.
In questi giorni, i social network, dove pullulano profili di estremisti di ogni sorta e gruppi di vario genere, sono stati inondati da centinaia di immagini di soldati Assad e profughi curdi iracheni che sono arrivati in Europa insieme alle migliaia di altri migranti.
Sulle loro tracce, si sono messi immediatamente i tagliagole dello Stato Islamico, che hanno creato archivi con le generalità di questi migranti, con le loro fotografie scattate mentre indossavano le divise di appartenenza, con quelle più recenti in abiti civili dopo aver raggiunto l’Europa e, dato da non sottovalutare, con le indicazioni dei luoghi che hanno raggiunto. Lo scopo, quello di monitorarli e indicarli ai lupi solitari presenti nei nostri paesi, come obiettivi da colpire.
Iniziata la rivolta in Siria contro Assad, si sono creati diversi gruppi di rivoluzionari, combattenti più o meno estremisti, falangi terroristiche. Ad ingrossare le loro fila, molti combattenti provenienti da altri paesi che hanno finito con l’entrare a far parte del FSA, di Jabhat al-nusrah (JN), del Fronte Islamico (IF).
Tutto questo, è arrivato con l’avvento dell’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e Siria), la proclamazione del Califfato e la trasformazione in Stato islamico (IS) dopo la conquista di Mosul, in Iraq, nel 2014.
In questo vasto panorama di gruppi combattenti, si inseriscono altre milizie, come il gruppo curdo YPG, un vecchio nemico del governo siriano che vorrebbe creare uno stato curdo, come avvenuto in Iraq, dove, seppur in maniera assai aleatoria, sono riusciti a stabilire lo stato del Kurdistan. In molti, affermano che il risultato iracheno lo si deve agli Stati Uniti che ringraziarono così i curdi per l’aiuto ricevuto nel rovesciare Saddam Hussein.
Gruppi distinti, che spesso si fanno la guerra tra di loro, ma che hanno in comune un obiettivo: rovesciare Assad. Ma se l’obiettivo è comune, altri fini dividono questi combattenti. C’è chi vorrebbe trasformare lo stato siriano in una democrazia; chi, come nel caso del YPG vuole stabilire uno stato curdo, e ancora chi vuole stabilire un proprio Stato fondato sulla religione islamica. È questo il caso di Jabhat al-nusrah (JN) e dell’IS, due gruppi fondamentalisti che spesso combattono anche tra loro.
Queste differenze tra i vari gruppi, sono diventate evidenti dopo lo scoppio del conflitto, quando chi voleva uno stato fondato sulla legge islamica, la Shari’a, ha iniziato a combattere contro chi vorrebbe uno stato democratico.
Milizie siriane
Non v’è dubbio che il dittatore siriano non sia un agnellino, tanto che fino ad alcuni mesi fa molti paesi dell’Occidente, con in testa gli Stati Uniti, accusavano Assad di commettere crimini contro il suo stesso popolo.
Massacri feroci di civili, proteste annegate in bagni di sangue, bombardamenti e torture. I curriculum dei suoi soldati sono ricchi di eccidi di donne e bambini.
Cosa è cambiato da allora ad oggi? Forse il timore che lo Stato Islamico finisca con il conquistare definitivamente quell’area geografica, diventando una seria minaccia per tutto l’Occidente. Non ci resta dunque che contrapporre le milizie sciite ai tagliagole dell’IS. Ma l’esperienza dovrebbe insegnarci come la formazione di fronti islamici estremisti sia proprio l’effetto indesiderato di questo genere di interventi, come accadde in Iraq, dove gli Stati Uniti hanno tentato di insediare un governo fantoccio sciita. Le guerre, potrebbero dunque non essere la causa, bensì l’effetto di questi tentativi.
Prova ne sia quello che è successo in Siria, dove lo Stato Islamico arriva a seguito di un conflitto senza fine, o in Libia, dove gli americani non hanno saputo gestire il dopo-Gheddafi. Lo stesso potremmo dire per l’Egitto,dopo che è stato deposto il presidente Morsi al-Sisi.
Migrazioni verso l’Europa
Attualmente la Siria è divisa in tre parti. Quella controllata dal governo e dalle milizie di Assad, quella settentrionale vicina al confine con la Turchia, sotto il controllo di YPG e PKK, il resto sotto il controllo dell’IS.
L’apertura all’accoglimento di rifugiati da parte della Germania, ricorda molto l’immediato dopoguerra, quando l’Europa uscita dal conflitto devastata e con immense perdite in termini di vite umane, per ricostruire le infrastrutture e far ripartire la propria economia, utilizzò lavoratori provenienti dai paesi africani e arabi, ai quali poi finì con il concedere la cittadinanza dei vari governi locali.
A parte il finto buonismo italiota, le esaltazioni di Renzi ed Alfano, non v’è dubbio che dietro l’improvviso buonismo della Merkel in realtà si cela il progetto di far arrivare lavoratori provenienti dal Medio Oriente, pagati a buon mercato e che abbiano le basi per una loro buona integrazione, per aiutare i tedeschi a far ripartire la loro economia industriale.
In questo contesto, i siriani, scelti dalla Merkel che apre a loro le porte, rappresentano quanto di meglio possa offrire questo nuovo mercato di schiavi: cultura medio-alta, conoscenze tecniche e persino una certa agiatezza rispetto agli appartenenti ad altre popolazioni.
Il resto, rimarrebbe nei paesi di frontiera: Italia, Grecia e, se accettassero, l’Ungheria e qualche altro stato pronto a far da filtro sul fronte, pericolosissimo, dei Balcani.
Indebolito il fronte anti-IS
A far da stura all’esodo, la caduta di Palmyra e le sorti di Idlib. Ma quella di oggi è solo la punta dell’iceberg, visto l’ondata di profughi nei prossimi mesi e per gli anni a venire, sarà destinata ad aumentare.
Che il conflitto sia destinato a crescere, è un dato di certezza, visto che la stessa Russia, che in passato aveva imposto alla coalizione capeggiata dagli USA di non intervenire in Siria, sta ora mobilitando i suoi veicoli da combattimento attraverso il Bosforo.
Una situazione che tende a precipitare, con migliaia di miliari siriani e iracheni che disertano fuggendo verso un’Europa che ha aperto loro le porte. Senza voler entrare al momento nel merito delle qualità umane, o criminali, di molti di questi migranti, non possiamo non valutare come tali defezioni stiano indebolendo il fronte anti-IS in Siria e Iraq.
Qual è il senso di prospettare misure d’intervento da parte delle nostre forze armate in quelle aree, se poi lasciamo che gli appartenenti alle forze armate di quei paesi disertino indebolendo così la resistenza all’espansione del Califfato?
I pericoli in Europa
Non meno rilevanti, i rischi per la sicurezza dei nostri paesi. Un primo pericolo potrebbe essere quello rappresentato dai jihadisti che già seguono questi movimenti migratori con l’obiettivo di individuare i loro nemici approdati in Europa. Potremmo dunque assistere ad una escalation di conflitti violenti; ad una guerra combattuta in casa nostra, da opposte fazioni che hanno vecchi conti da regolare.
Il secondo, l’ingresso di terroristi che, seppur smentito dai nostri governi, Renzi ed Alfano in prima linea, viene confermato da più fonti di intelligence.
Non so se Osama, il profugo sgambettato dall’operatrice della tv ungherese, sia di Jabhat al-Nuṣra, se effettivamente sia stato membro di Al Qaeda, se sia responsabile della morte violenta di 50 curdi; né tantomeno so quanti siano i jihadisti di ritorno o i terroristi dello Stato Islamico entrati in Europa, ma non c’è dubbio che personaggi “particolari”, abbiano fatto il loro ingresso nell’UE.
Tanto per citarne uno, il caso di Saif Al-Robaei, appartenente ad Asa’ib Ahl al-haq, gruppo di milizie sciite che nel 2012 si rese protagonista di diversi attentati contro le basi americane in Iraq.
Il terzo, un pericolo più a lungo termine, ma non per questo meno serio. Migliaia di ex combattenti, molti dei quali in condizioni diverse sarebbe passibili di accuse per aver commesso crimini contro l’umanità, accetteranno di trasformarsi nei nuovi schiavi? O dobbiamo anche valutare il rischio di aver importato manovalanza altamente qualificata da impiegare nel mondo del crimine?
Un capitolo a parte merita l’aspetto religioso e connessi rischi, dei quali andremo presto a scrivere…
Gian J. Morici