Le manine occulte di chi manovra dietro le quinte per far si che tutto resti com’era.
Sarà un caso ma gli arresti della seconda fase di quel calvario giudiziario per la politica romana che rappresenta l’inchiesta Mafia Capitale, sono arrivati dopo la recente tornata elettorale per il rinnovo dei consigli regionali. Per molti la Procura antimafia di Roma è sotto assedio da pezzi di Istituzioni, dai colli alle pianure paludose e da quel mondo dei “buoni” di cui ancora non si riescono a rendere compiutamente pubbliche le gesta nella vicenda. Ambienti quest’ultimi colludenti con il sistema cooperativo di rito “Buzziano” che vedeva in Luca Odevaine uno dei principali protagonisti della congiunzione astrale tra mondo di sopra e mondo di mezzo.
Tante sono le manine che hanno aiutato ad evitare il crollo del sistema. Su tutte quella della provvidenziale modifica del 416 ter sul voto di scambio politico mafioso, avvenuta proprio alcune settimane prima che scoppiasse lo scandalo.L’attuale normativa in materia ha reso difficile o impossibile l’applicazione della norma grazie al contributo di chi mette, da sempre, con l’antimafia insieme pranzo e cena.
Senza queste modifiche molti dei signori della politica romana sarebbero ora indagati e non potrebbero sostenere il classico: non sono coinvolto nella vicenda. E si perchè i danari sporchi per le campagne elettorali la premiata ditta Buzzi e company li ha elargiti a molti di coloro i quali si assolvono gridando e pretendendo il riconoscimento di onesta da dimostrare. In tutta questa sporca vicenda il caso di Ostia è a dir poco emblematico.
Nel X Municipio della Capitale, quello con a capo tal Tassone uomo di punta del PD romano,ora finito agli arresti domiciliari, stando a quanto si apprende da una stampa fin troppo moderata nei giudizi e dalle ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip del Tribunale di Roma, politici evanescenti o con la faccia di bronzo la mattina intascavano mazzette dai capi di Romafia Capitale e la sera organizzavano fiaccolate ed incontri pubblici con l’antimafia di partito. Dimostrando una “disinvoltura” e una faccia da posteriore che nessun autore d’altri tempi della commedia degli equivoci sarebbe riuscito ad immaginare e a scrivere.
Anche i quattro amici al bar nei quartieri del Tuscolano o di Corviale si sono resi conto della mancanza di dichiarazioni e prese di posizione sulla vicenda di gran parte degli ex amministratori e leader politici che nel corso degli anni non sapevano e non vedevano quello che sta emergendo dalla fogna di Romafia Capitale. Questi politici dell’antimafia “dura e pura” che negli anni passati salivano sui palchi della legalità “cacio e pepe” e che emigravano nelle piazze di Fondi per chiedere e sollecitare al Governo lo scioglimento del consiglio comunale di quella città, paiono essere spariti nel nulla.
Come ad evitare le brutte figure di chi, da altri pulpiti dell’antimafia di mestiere, condanna e s’indigna ma si guarda bene dal fare nomi e cognomi di persone e gruppi economici camuffati da organizzazioni samaritane che corrompevano e commettevano delitti infami contro quegli ultimi di cui si parla molto ma che tali restano.
Sul web ci sono non poche foto ed articoli di stampa con cui si sono immortalati gli incontri e le convention per la giustizia e per il lavoro solidale tra i “buoni” di regime e i coinvolti a qualsivoglia titolo nello scandalo. A poco serve correre ai ripari togliendo un bene confiscato alla banda della Magliana, tre anni prima della scadenza del contratto di assegnazione, ad una di queste cooperative il cui leader è rimasto coinvolto in Romafia Capitale.
Non sarà certo il mestare e il gridare al lupo che terrà nascoste le frequentazioni ed i rapporti tra chi ha scelto la via facile dell’essere contro le mafie distinguendo, a quanto pare a titolo oneroso per le pubbliche finanze, i presunti buoni dai certamente cattivi. Per anni ci si è lavati gli abiti sporchi delle convenienze stando al fianco dei buoni e delle vittime certificate, lasciando che a sporcarsi le mani con chi cercava di trovare vie diverse dal crimine e dalla violenza fossero dei lestofanti che si arricchivano e che lucravano sulla disperazione degli ultimi, con il sigillo dei vari “pontefici” della lotta, si fa per dire, a mafie e corrotti.
Per anni è stato più comodo salire le scale dei palazzi del potere e frequentare le case e gli uffici della casta, immortalando sorrisi e strette di mano che oggi costringono molti a dire: non sapevo…pensavo fosse una brava persona. Per alcuni buoni di mestiere, forse, sarebbe stato meglio farsi immortalare nell’atto in cui si cercava di tenere fuori da crimini e violenze chi ha avuto strade segnate e senza molte vie d’uscita.
Penso ai figli di un noto ex boss della camorra a cui portai del cibo e dei giochi e che mi chiesero attoniti: ma tu sei un poliziotto? Erano stati abituati sin da piccolissimi a vedere all’alba uomini in divisa che controllavano il padre e che perquisivano la loro casa.
Per i professionisti del buono, più annunciato che praticato, entrare in quelle abitazioni era ed è rischioso per l’immagine. Meglio frequentare le ricche dimore dei signori del potere ed elargire sorrisi e strette di mano alla politica dei “giusti” di facciata.
Eppure furono proprio Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che intuirono che alle mafie si dovevano strappare braccia e menti di chi non aveva avuto nessun altra opportunità nella vita. Dove sono finiti i denari per aiutare quei figli dell’ex boss, per non fargli correre il rischio di restare imprigionati nelle strade che portano al crimine?
Leggendo tra le righe dell’ordinanza Romafia Capitale si possono trovare le risposte e ancor più si potrebbero trovare leggendo i bilanci pubblici nelle voci dei finanziamenti a gruppi economici o meno della “solidarietà” organizzata dai tanti Buzzi e non solo di questo povero Paese, dove si lucra su immigrati, rom e sul lavoro degli ex detenuti cosi come si lucrava sul dramma delle tossicodipendenze. Tutto diventa potere e affare…basta sembrare buoni e dimessi.
Per questo ritengo sia giunto il momento di comprendere le ragioni per cui molti diventano cattivi e lavorare perchè abbiano vere opportunità di riscatto. I cattivi spesse volte hanno almeno il pregio di non voler sembrare buoni come molti dei protagonisti di Romafia Capitale e dei loro ex sostenitori. Il sistema è marcio ma andate a dire di cambiarlo a chi vive e non male di antimafia e di “solidarietà” tanto al chilo.