Nella mattinata di ieri, nel corso del blitz condotto dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, sono finiti in manette, su provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla locale Procura della Repubblica, a firma del Procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del Sostituto Procuratore Maria Teresa Maligno, due uomini che, da anni, erano a capo di un’organizzazione criminale operante tra la Sicilia e la Lombardia, dedita alle truffe nel settore delle forniture di energia elettrica.
Il castelvetranese N. R. ed A. I. originario di Vigevano, ideatori ed entrambi al vertice del sodalizio, erano da tempo nel mirino delle Fiamme Gialle del capoluogo siciliano che, dopo 6 mesi di indagini serrate, hanno ricostruito la struttura dell’organizzazione criminale ed il modus operandi dalla stessa utilizzato.
L’attività, che ha tratto origine da una denuncia, presentata agli investigatori lo scorso anno dal Presidente del Consiglio di Amministrazione di Enel Servizio Elettrico s.p.a., ha condotto alla scoperta di una rilevantissima frode, poi quantificata in due milioni di euro, basata su un meccanismo tanto semplice quanto efficace: i membri dell’associazione a delinquere, presentandosi come rappresentanti siciliani di una società tedesca operante nel mercato elettrico, avevano adescato una folta platea di commercianti ed artigiani – operanti nei settori della ristorazione, della caffetteria, della panificazione, dell’abbigliamento, della copisteria, dello sport, della falegnameria, della fabbricazione di articoli in plastica e fornitura di abiti da lavoro – che, attratti dal miraggio di un fantomatico risparmio (fino anche al 30% sui prezzi di mercato), hanno ingenuamente aderito alla allettante proposta. In buona sostanza, gli imprenditori adescati, convinti di gestire le proprie utenze a prezzi più convenienti, stipulavano con “società fantasma” contratti di fornitura, versando mensilmente il corrispettivo dovuto, a fronte della emissione di fatture rivelatesi del tutto false.
Denaro sonante che finiva nelle casse dell’organizzazione che, di contro, non pagava alcunché al Gruppo Enel che, invece, erogava effettivamente l’energia elettrica.
In particolare, il meccanismo truffaldino, basato su un articolato sistema di volture, consentiva al sodalizio criminale di mantenere in funzione i contatori che, continuavano ad erogare energia, pur non vedendosi l’ENEL pagato il corrispettivo per le forniture.
Questo perché le volture venivano ingegnosamente effettuate entro due mesi, dalla scadenza della prima bolletta non pagata, intervallo di tempo entro il quale l’Enel non procede alla interruzione dell’erogazione della fornitura di energia, nei confronti dei clienti morosi.
I soldi incassati dalla banda, da quanto sembra emergere dalle indagini, è stato in gran parte utilizzato dal R., dall’I. e dagli altri sodali per garantirsi un alto tenore di vita, che era culminato anche nell’acquisto di diverse auto di lusso e di soggiorni all’estero in rinomate località di villeggiatura.