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Gentile Onorevole Bersani,
in un paese normale gli appelli si dovrebbero fare a chi detiene il potere, in questo caso al premier Renzi.
Ma abbiamo appurato da tempo che questo Paese è tutt’altro che normale.
Tuttavia mi rivolgo a lei anche per una frase che mi ha colpito molto.
Lei dice: “Saremo leali con Renzi”.
Con tutta la stima di cui sono capace, le dico che sbaglia.
Lei non deve essere leale nei confronti di una persona che prima di tutto non è stato leale con lei, poi non è stato votato, e terzo sta per fare una cosa sbagliata.
Lei deve essere leale con noi: con i suoi elettori, con i cittadini, e con la sua coscienza.
Deve fare ciò in cui crede, ciò che è giusto, e ciò per cui è stato votato, lei come i suoi colleghi.
In tutta coscienza, lei può ritenere che il motivo per cui l’Italia è in una fase di stagnazione, dipenda da questo totem che è diventato l’articolo 18?
Ci sono un sacco di motivi, Onorevole Bersani, per cui lei debba resistere alla tentazione di una realpoltik di breve respiro, per guardare più avanti.
Provo a ricordargliene alcuni, sono sicuro che li conoscerà bene, ma temo che in alcuni momenti cruciali nella vita di una persona, soprattutto se impegnata a prendere decisioni esiziali, non siano mai abbastanza i contributi al ragionamento.
– Lo Statuto dei Lavoratori è una conquista di civiltà. E’ l’idea che il lavoro non è una merce, non è un mercato. E’ l’idea che in un paese civile, democratico, e che segue la sua Costituzione, ci sono cose più importanti dell’efficienza produttiva, del profitto dei singoli. Certo, è forse un retropensiero marxista, di cui la nostra Costituzione è piena. “Da ciascuno secondo le proprie possibilità e a ciascuno secondo il proprio bisogno”. Ma non trovo in questa frase nulla di sbagliato, sono concetti comuni a molte filosofie e religioni. E’ l’idea che un gruppo di persone crea un ambiente in cui tutti possano sopravvivere dignitosamente. Quando un paese decide che la dignità dei propri cittadini non vale più nulla, sta abdicando al proprio ruolo di sovranità.
– In quaranta anni l’art. 18 non è mai stato un impedimento allo sviluppo all’imprenditoria. Quando l’economia va, per motivi strutturali o congiunturali, una forte barriera in uscita non ha alcun impatto. Quando l’economia non va, come adesso, ci dobbiamo chiedere se sia giusto che il mercato del lavoro segua in maniera pedissequa l’andamento dell’economia. O forse non è più giusto che ci sia una camera di compensazione, che attenui l’impatto su chi non ha la possibilità di fare impresa? Impedire che si faccia efficienza solo o soprattutto sulla manodopera dovrebbe anzi essere uno stimolo per le imprese a non puntare solo sui lavoratori per ridurre i costi, ma innovare, investire in ricerca e sviluppo, creare nuovi mercati.
– Il 96% delle aziende italiane, la vera forza trainante di questo paese, ha meno di 16 dipendenti e quindi non applica l’art. 18. Vuol dire che il tessuto imprenditoriale italiano ne ha fatto a meno. Questo potrebbe essere un argomento a favore della sua abolizione, e invece no. Perché le grandi imprese sono quelle che fanno politica. Che impiegano milioni di lavoratori. Che condizionano le scelte economiche del paese. Che ricattano il Governo chiedendo sempre di più e dando sempre di meno. L’art. 18 – converrà con me Onorevole Bersani – rappresenta una battaglia politica, ha poco a che fare con l’economia.
– La Confindustria sostiene che sì, se glie lo tolgono sono contenti, ma che in fin dei conti non cambierà molto. Alcuni imprenditori come Della Valle ad esempio sostengono addirittura che vada mantenuto. Nessun imprenditore straniero rinuncia ad investire in Italia per colpa dell’art. 18.
Ma perché il costo dell’energia è enorme, la burocrazia devastante, il sistema giudiziario non funziona, un terzo del paese è in mano ad organizzazioni mafiose, la politica corrotta, il sistema bancario inefficiente. Onorevole Bersani: dall’abolizione dell’art. 18 non arriverà neanche un euro che non fosse già previsto. Se qualcuno sostiene che faciliterà gli investimenti esteri, o che ce lo chiede l’Europa, è in malafede.
– In Italia, come la FIAT ha ampiamente dimostrato, per le grandi imprese non solo licenziare è possibile, ma anzi è facilissimo. Le grandi imprese hanno mandato a casa in questi anni di “efficientamento” centinaia di migliaia di lavoratori, talvolta a spese dello Stato, più spesso semplicemente utilizzando lo strumento della contrattazione collettiva. Ridurre la forza lavoro del 10, 20 o anche 50% è la cosa più banale di questo mondo in Italia. Chiudere sedi e mandare tutti a casa, semplicissimo. Bisognerà che qualcuno dica in maniera chiara e forte che l’articolo 18 riguarda solo il licenziamento INDIVIDUALE. Che oggi un’azienda non può licenziare un dipendente solo perché gli sta antipatico, oppure costa troppo, oppure è troppo vecchio, o è di destra, o è della squadra sbagliata o gli piacciono gli uomini anziché le donne. Domani lo potrà fare. Come questo possa in qualche modo migliorare i destini economici del paese, sinceramente mi è oscuro
Sa cosa succederà se dovesse veramente venire abolito l’art. 18?
Che tutte le imprese individueranno rapidamente i dipendenti troppo costosi, troppo vecchi, stanchi, magari poco efficienti, e ci troveremo un esercito di cinquantenni, ancora giovani, lontani dalla pensione grazie alle pensate luminose della Professoressa Fornero, impossibilitati a trovare un altro lavoro degno.
Invece di intervenire sul costo del lavoro, sulle infrastrutture, sulla legge elettorale, sull’evasione fiscale, sulla criminalità organizzata, ancora una volta un Governo italiano sta scaricando la sua inefficienza sulle categorie più deboli.
E’ un atto di incapacità, egoismo e di vigliaccheria che non fa onore a voi come politici e a noi come elettori.
Onorevole Bersani, spero che questi argomenti siano sufficienti a stimolare la sua coscienza e quelle della “minoranza” del suo partito, che non è tanto minoranza, anzi. Sono coloro che noi abbiamo votato, e non per avere un Governo come questo.
Lei ha il dovere, politico e morale di rispettare il volere dei suoi elettori.
La lealtà è una bella cosa, ma va data a chi la merita.
Con simpatia
Rodolfo Cardarelli