Se la prevenzione fosse stata materia di studio, il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, laureato in giurisprudenza, avrebbe dovuto riprendere gli studi a partire dalla prima elementare.
Stato Islamico? Cosa è? Da dove salta fuori questo Stato e chi è l’ambasciatore?
Questo si sarà chiesto Angelino quando nel mese di giugno l’ISIS ha fatto la sua comparsa. Non è difficile immaginare il caos al Viminale. Le richieste affinchè almeno questa volta non fosse tenuto all’oscuro di una visita dell’ambasciatore dello Stato Islamico, così come era accaduto per il caso Alma Shalabayeva.
Questa volta no, se un diplomatico di così alto lignaggio, inviato dal Califfo Abū Bakr al-Baghdādī, fosse arrivato al Viminale, non avrebbe trovato un prefetto ad accoglierlo ma, com’è giusto che sia, il più alto in grado. Errare humanum est, perseverare diabolicum. Ed Angelino forse sbaglia ma non persevera. Ogni volta un errore diverso, l’importante è che non si tratti dello stesso.
Che importanza ha quello che avevamo scritto nei mesi scorsi in merito alle gravi negligenze di chi a capo di un dicastero importante, qual è quello del Viminale, sembrava non rendersi conto del pericolo rappresentato da possibili epidemie e dal passaggio sul nostro territorio di eventuali terroristi islamici?
Come considerare “terroristi” uomini di Stato. Certo, Stato Islamico, ma pur sempre Stato. E poi, un “Califfo” è pur sempre un califfo, mica uno qualsiasi…
Forse la colpa nel sottovalutare il pericolo che poteva venire da un’incontrollata immigrazione, sarà stata dovuta ai consigli di chi aveva sostenuto che al-Qaeda era sconfitta e che non era ipotizzabile la nascita di un’organizzazione terroristica con le stesse capacità di quella che fu l’organizzazione del “re del terrore”, Bin Laden. Del resto, l’autore di tali affermazioni era lo stesso magistrato antiterrorismo che nel 2008 fu nominato da Alfano Capo dell’Ufficio per il Coordinamento dell’attività internazionale. Perché dunque dar credito a chi non possedendo i “4/4 di nobiltà antiterroristica”, anche se forse più avveduto di cotanti esperti, si permetteva di dire al ministro che era il momento di aprire gli occhi?
Perché ascoltare chi inoltre invitava il ministro a prestare attenzione alle rivendicazioni dei poliziotti che vivono uno stato di profondo sconforto, abbandonati da quello Stato che dovrebbe aiutarli e che loro, nonostante tutto, continuano a difendere? Cosa poteva capirne di terrorismo chi aveva già denunciato nel 2006 il rischio dell’ingresso in Italia di jihadisti provenienti dall’estero? Meglio dedicarsi a contrastare il fenomeno dello “scippo” ed evitare un’altra figuraccia con la zia o dar la caccia ai ladri di biciclette.
Fin quando il 9 settembre il ministro scoprì il cosiddetto “uovo di colombo”: “L’Italia e Roma sono possibili obiettivi di attentati da parte dei militanti di Stato Islamico, la formazione fondamentalista attiva in Siria e Iraq, ma finora non è stato segnalato alcun progetto concreto di attacchi”, affermò il ministro, precipitandosi subito a precisare che “finora sono 48 i ‘combattenti stranieri’ dell’Is in qualche modo legati all’Italia, ma due soli con cittadinanza italiana”.
Forse le domande da porre sarebbero state altre: Signor Ministro, quanti e chi sono i possibili jihadisti sbarcati sulle nostre coste? Signor Ministro, dove si trovano attualmente questi soggetti?
Per fortuna, o per sfortuna, a nessuno è venuto in mente di chiedere al ministro quali misure precauzionali fossero state prese per evitare l’ingresso in Italia di terroristi o il ritorno nel nostro paese da parte degli stessi.
Ovvio comunque che Angelino avrebbe risposto che un controllo così capillare da non far passare inosservato un solo virus (come nel caso dell’ebola), avrebbe prontamente individuato un qualsiasi jihadista che avesse solo tentato un avvicinamento alle nostre coste. Del resto oggi i mezzi per aiutare gli inquirenti non mancano. Impronte digitali, fotografie, banche dati, polizia europea e quanto altro.
Vero è che abbiamo dovuto effettuare i tagli alle spese in materia di sicurezza, che le auto delle forze dell’ordine non hanno neppure il carburante, che i poliziotti non hanno le divise, che gli stipendi non sono adeguati etc, ma questo certamente non significa che manchino i controlli. Infatti, in data 25 settembre 2014, una circolare del Ministero dell’Interno recita: “Com’è noto, lo straordinario afflusso di oltre 130.000 migranti che sono giunti quest’anno sulle coste italiane ha suscitato grande preoccupazione in ambito nazionale ed europeo. Peraltro, alcuni Stati membri lamentano con crescente insistenza, il mancato fotosegnalamento di numerosi migranti che dopo essere giunti in Italia, proseguono il viaggio verso i Paesi del Nord Europa”.
Se non avessimo letto la circolare con i nostri occhi, non ci avremmo creduto…
Ministro, vuol dirci quanti migranti, in particolare provenienti da fronti di guerra che vedono impegnate formazioni jihadiste come lo Stato Islamico e altre, sono arrivati in Italia? Vuol dirci quanti di loro sono stati identificati, quanti erano partiti dall’Europa per raggiungere paesi come Siria o Iraq e dove si trovano attualmente? O dobbiamo ancora sperare in quello che affermava il suo collaboratore al dicastero Giustizia in merito al fatto che al-Qaeda era stata sconfitta e non potevano più nascere organizzazioni terroristiche con quelle caratteristiche?
Gian J. Morici
p.s. Sembra che il Ministro abbia chiesto al suo segretario di non fissare alcun appuntamento con qualsiasi ambasciatore del Califfo Abū Bakr al-Baghdādī che eventualmente ne facesse richiesta. Forse ha finalmente compreso che lo Stato Islamico è quello che a parere del suo ex collaboratore non sarebbe potuto mai nascere. Meglio tardi che mai…