19 Aprile 2024
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  1. Repubblica svela altri possibili retroscena:

    Petrolio, mattone e banche: i business dell’Italia nel regno di Nursultan

    di ANDREA GRECO
    MILANO — Italia e Kazakistan. Non proprio “una faccia, una razza”, ma due Stati con grandi relazioni politiche, commerciali e strategiche. Il Belpaese è da vent’anni partner privilegiato del rampante Kazakistan, specie da quando all’italiana Eni fu affidata la regia dello sviluppo del più grande giacimento di idrocarburi scoperto da un trentennio: Kashagan una bolla di materia prima grande quanto la Lombardia sotto il Mar Caspio.

    Un cantiere da 150 miliardi di dollari, tra i più complessi al mondo, dove il Cane a sei zampe ha imparato — anche con ammaccature — a rivaleggiare con le grandi major mondiali. Gli scambi commerciali tra i due paesi sfioravano il miliardo nel 2012 e fanno dell’Italia il 2° partner europeo kazako, 6° al mondo.

    La tendenza si è quintuplicata in dieci anni: al seguito dei pionieri Eni si sono accodate una cinquantina di medie imprese dell’indotto oil & gas e infrastrutturale, come Salini-Todini, Impregilo, Italcementi, Renco. O Unicredit, che poco prima della crisi andò a cercare fortuna rilevando Atf, quinta banca kazaka ceduta a maggio con perdita di gran parte degli 1,5 miliardi spesi.

    Tuttavia è difficile spiegare quel che è capitato il 31 maggio ad Alma Shalabayeva con le cifre, o una ragion di Stato che molto consente. Per esempio la Gran Bretagna che dal 2011 offre asilo politico al dissidente-oligarca Mukhtar Ablyazov, marito di Shalabayeva, non vanta minori interessi in Kazakistan. A Kashagan la anglo-olandese Shell ha la stessa quota di Eni, il 16,8%, e nell’altro giacimento di Karachaganak British Gas detiene il 32,5% come gli italiani. La politica delle diplomazie commerciali del resto vale per molti paesi; e tutte le grandi major allignano ad Astana e dintorni. Non può bastare a spiegare.

    Andrebbero esplorate piuttosto motivazioni recondite, personali, di potere, per cercare più senso a questa vicenda. O capire come l’ambasciata kazaka a Roma facesse il bello e brutto tempo, e il suo inquilino potesse telefonare più volte al ministro Angelino Alfano, poco prima del blitz di fine maggio, reclamando di incontrarlo “ora”.

    Una pista c’è. “Nursultan tu sei un leader molto amato dal tuo popolo. Ho letto un sondaggio, di un istituto indipendente, che ti assegna il 92% di stima e amore del tuo popolo, un consenso che non può che basarsi sui fatti”. Così Silvio Berlusconi tre anni fa davanti a 54 presidenti e ministri europei, in Kazakistan per l’assemblea Osce. Eppure il presidente Nazarbaev di cui parlava, suo “amico” come Vlad Putin, è uomo vocato agli affari più che ai diritti civili. Negli Usa è considerato un cleptocrate, le cui gesta di corruzione e riciclaggio sono state perseguite dalle corti di mezzo mondo.

    Il genero Timur Kulibaev è indagato anche a Milano, nell’inchiesta per corruzione Eni in Kazakistan, per cui il pm Fabio De Pasquale chiede da un anno di commissariare Agip Kco. Per la procura Kulibaev sarebbe stato il destinatario supremo di almeno 20 milioni di dollari in tangenti pagate da intermediari disonesti. La longevità dell’ultimo leader sovietico nell’ex “nazione sorella” si spiega con i suoi buoni uffici e rapporti moscoviti almeno quanto il suo potere di fornitore di petrolio e gas.

    Repubblica scrisse, nel 2010, che Putin aveva aperto a Silvio Berlusconi la strada ai giacimenti di gas pre-caspici in Kazakistan. Report nel 2012 trovò testimonianze per cui a Chinarevskoye, sotto il confine russo, c’è un giacimento di 16 km quadrati, con abbastanza olio e gas da fruttare un milione di dollari al giorno, e tra i soci ci sarebbe Berlusconi. Non vi è certezza, perché

    la società Zhaikmunai Llp gestrice è controllata da un’omonima accomandita nell’Isola di Man, in un intrico di fiduciarie di identità inespugnabile. Quella holding nacque nel 2007, pochi mesi dopo la riscrittura degli accordi strategici tra Eni e Gazprom, che allora suscitarono timori e critiche dell’Ue e degli Usa. Berlusconi non ha mai commentato l’ipotesi. Chissà se ci pensa in queste ore, nell’ennesima visita privata a Putin.

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