Continuano gli attentati kamikaze in Iraq, dove oggi Abu Nouh ha diretto un camion carico di esplosivo contro una roccaforte delle milizie curde. Secondo le informazioni il numero degli attentati e degli attacchi da parte delle milizie islamiche in Iraq nel corso dei primi sette giorni di ottobre ha causato 451 morti e 687 feriti.
Dopo le tante critiche mosse alla Turchia a causa del mancato intervento per proteggere i cittadini curdi di Kobane, costretti alla fuga dalle forze jihadiste, arrivano le prime conferme sul coinvolgimento di governi occidentali che avrebbero pagato i terroristi per il rilascio di loro connazionali.
Le accuse di un accordo tra il governo turco e l’ISIS per il rilascio di ostaggi, erano state mosse lo stesso giorno in cui venivano liberati i 46 turchi e i tre ostaggi iracheni che erano nelle mani degli estremisti dal mese giugno.
La Turchia si era trincerata dietro al fatto di non aver pagato alcun riscatto. I militanti dell’ISIS affermavano che il rilascio di ostaggi era nato a seguito della promessa di Erdogan di non prendere parte alla coalizione guidata dagli Stati Uniti e per aver scambiato 180 prigionieri dell’IS che erano detenuti in Turchia con i 49 osservatori tenuti da loro in ostaggio .
L’ordine di liberare gli ostaggi turchi era venuto direttamente dal capo dell’ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, avvalorando così le indiscrezioni sulla trattativa con i terroristi. Una trattativa criticata dai governi di tutte le nazioni che partecipano alla coalizione internazionale che sta operando contro lo Stato Islamico in Siria e in Iraq.
Una “contrattazione” – così l’ha chiamata il presidente turco Erdogan – vergognosa e che non fa altro che agevolare i propositi dei terroristi riconsegnando loro pericolosissimi soggetti che tornano immediatamente ad essere impegnati nei combattimenti e negli attentati kamikaze.
Non meno grave e da condannare sarebbe, qualora fosse provato, il comportamento di governi che pur di ottenere il rilascio di propri cittadini pagano ai terroristi riscatti nell’ordine di milioni di dollari. Soldi che, oltre ad essere investiti per portare a termine nuove azioni terroristiche, incentivano i jihadisti ad effettuare ulteriori sequestri di persona grazie ai quali finanziare le loro operazioni.
Qualche giorno addietro avevamo pubblicato indiscrezioni secondo le quali nel mese di settembre l’ISIS, oltre ai 49 ostaggi delle Nazioni Unite, aveva rilasciato 3 francesi, 2 inglesi, 2 svedesi, 2 macedoni, 1 svizzero e 1 cittadino belga.
Sulle ragioni che avevano indotto i terroristi a rilasciare questi ostaggi la fonte della notizia aveva preferito mantenere il più assoluto riserbo, lasciando così il dubbio che qualcuno avesse potuto pagare un riscatto affinchè i prigionieri venissero liberati.
Un gesto che, seppur da condannare visto che il denaro viene utilizzato per finanziare azioni terroristiche, potrebbe trovare comprensione qualora fosse dovuto all’azione di privati che agiscono nel tentativo di sottrarre propri familiari alle torture e alla morte che riserverebbero loro i terroristi islamici.
Di diverso valore e gravità se a pagare i riscatti fossero governi occidentali anziché privati cittadini, come sembra sia il caso di sette ostaggi francesi liberati dai terroristi di Boko Haram a seguito del pagamento di circa 3,15 milioni dollari da parte di negoziatori francesi e camerunensi.
A darne notizia, facendo riferimento ad un rapporto riservato del governo nigeriano, l’agenzia Reuters.
Francia e Camerun hanno smentito il pagamento del riscatto per il rilascio della famiglia di Moulin-Fournier, che ha lavorato in Camerun per l’azienda elettrica francese GDF Suez, senza fornire alcuna spiegazione in merito alle ragioni che avrebbero indotto i terroristi a rilasciare i sequestrati che erano stati rapiti il 19 febbraio mentre erano in vacanza nei pressi del parco nazionale di Waza, nel nord del Camerun, a circa 10 chilometri dal confine nigeriano.
Le autorità nigeriane si sono rifiutate di commentare la smentita da parte del governo francese.
Gjm