L’Italia dei primi anni del ‘900 era sicuramente un’Italia curiosa e temeraria su tutti i campi dalla cultura, alla scienza, dal progresso alle riforme sociali. Ed il volo era senz’altro un elemento di forte interesse per la generazione che viveva in quel periodo storico. Difatti, se già nel 1903 si afferma la nascita del volo coi fratelli Wright, noi italiani il 24 maggio 1908 chiamiamo a Roma Léon Delagrange, un aviatore francese, il quale si costruì un suo aeroplano e cominciò a sperimentare vari voli. In Piazza d’Arme ( l’attuale zona delle Vittorie in Roma) fa quindi volare un suo velivolo alla presenza di una folla di 150 mila romani, del Re e della Regina i quali si aspettavano di vedere i prodigi del progresso e le meraviglie della scienza. Ma quel suo aeroplano percorse un kilometro scarso e sollevandosi appena di un metro suscitò la delusione del pubblico. Tra di loro un poeta dialettale romanesco, allora molto noto, che in questo modo espresse il suo disappunto in un ironico sonetto su quel primo sfortunato volo: “Volava Delagrange, senza boria, più arto d’una pianta de cicoria.”
Il sogno italiano di volare si sposta quindi sugli inventori del primo aeroplano: i fratelli Wright. Il Maggiore Mario Moris della brigata specialisti del Genio propose quindi l’acquisto di un loro velivolo per 25.000 lire a patto che, sempre per altrettante 25.000 lire, i Wright potessero addestrare i primi due piloti italiani. E i fratelli Wright accettarono.
Wilbur Wright giunse a Roma col suo Flyer N°4 costruito in Francia dalla ditta “Barriguand et Marre”. Costruito nel 1908 , il Flyer N° 4 è un biplano monomotore biposto da addestramento con un’apertura alare di 12,50 metri e lungo 10 metri. La sua superficie alare copre 50 metri quadrati e da vuoto arriva a pesare 400kg. Il motore è un “Barrigaud et Marre” a quattro cilindri 25-30 CV e la velocità massima che riesce a raggiungere è 58 km/h.
Wilbur Wright arrivò a Roma all’inizio dell’aprile 1909 e come terreno di volo gli fu assegnata una distesa erbosa fiancheggiata dalla via Casilina, che terminava a ridosso del Forte Casilino. Il terreno apparteneva ai conti Macchi di Cellere: il campo di Centocelle che può essere considerato tuttora il primo Aeroporto d’Italia e che all’interno del suo sedime nasconde vestigia di epoca romana appartenenti a grandi ville del periodo imperiale.
Dopo una serie di tentativi svolti da altri e andati piuttosto male, giunse quindi il giorno del fatidico primo volo in Italia: il 15 aprile 1909. Dopo una lunga e trepidante attesa finalmente eccolo volare! L’emozione è forte. Per ben dieci minuti Wilbur Wright si libra in aria raggiungendo un’altezza di trenta metri. L’impresa è riuscita.
Ma i voli che seguiranno nei giorni successivi, fino al 26 aprile, saranno ben 67. Con lui, come pattuito, impareranno a volare il tenente Mario Calderara, che fu il primo pilota italiano in assoluto e il tenente Umberto Savoja. Ma tanto fu l’entusiasmo che a bordo del Flyer volarono personalità importanti del mondo della politica, del mondo militare e dell’alta società italiana del tempo.
L’alta aristocrazia di Roma iniziò a darsi dei veri e propri appuntamenti sul campo di Centocelle tra cui anche la regina Margherita grande estimatrice di questi primi piloti. Il 24 aprile il Re in persona si congratulò con Wright e nello stesso giorno Wilbur portò sul Flyer la prima donna italiana: la contessa Mary Macchi di Cellere, proprietaria del campo di Centocelle, che fu la prima donna a provare l’ebbrezza del volo.
Un aprile irripetibile ed indimenticabile quello del 1909 e che rimase vivo ed impresso nella memoria di tutta la generazione che questi eventi li vissero in prima persona.