Nè lo scandalo destato dai colloqui con il figlio su come fare sparire milioni di dollari nascosti in casa, né le accuse del suo avversario che lo ha definito “ladro” e “dittatore” facendo ascoltare le registrazioni durante i comizi, hanno fermato la corsa elettorale di Recep Tayyip Erdogan.
Il premier turco, che era già balzato all’onore delle cronache bloccando l’accesso ai social network dove venivano postate le scandalose conversazioni che lo riguardavano, nel minacciare, non troppo velatamente, chi ha diffuso le registrazioni e quindi il suo principale oppositore (“pagheranno per quello che hanno fatto”) ha dichiarato che “la politica dei registrazioni e delle cassette è stata sconfitta”.