“A tutti gli italiani – e rivolgendo un particolare pensiero a quanti vivono con ansia queste ore per le recenti scosse di terremoto – giunga il mio affettuoso augurio. L’anno che sta per terminare è stato tra i più pesanti e inquieti che l’Italia ha vissuto da quando è diventata Repubblica. Tra i più pesanti sul piano sociale, tra i più inquieti sul piano politico e istituzionale. L’anno che sta per iniziare può e deve essere diverso e migliore, per il paese e specialmente per quanti hanno sofferto duramente le conseguenze della crisi. Una crisi dalla quale in Europa si comincia a uscire e più decisamente si potrà uscire se si porterà fino in fondo un’azione comune per il rilancio della crescita economica e dell’occupazione.”.
Inizia con queste parole il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A seguire, la lettura di alcune lettere dallo stesso ricevute “da persone che parlando dei loro casi
hanno gettato luce su realtà diffuse oggi nella nostra società.”
Lettere inviate da chi ha perso il lavoro, da chi non lo ha mai avuto, da chi non sa più cosa fare e come sopravvivere.
“Ringrazio tutti coloro che mi hanno scritto – continua Napolitano -, anche esprimendo apprezzamento e fiducia, e talvolta critiche schiette, per il mio impegno di Presidente. Non potendo sempre rispondere personalmente, traggo da ogni racconto, denuncia o appello che mi giunge, stimoli per prospettare – nei limiti dei miei poteri e delle mie possibilità – i forti cambiamenti necessari nella politica, nelle istituzioni, nei rapporti sociali. Ne traggo anche la convinzione che ci siano grandi riserve di volontà costruttiva e di coraggio su cui contare”.
Grazie Presidente! Grazie per il coraggio che riconosce a noi italiani. Soltanto un popolo che ha molto coraggio può ancora ascoltare le parole dei nostri politici. Coraggio? Forse…
gjm