E così è avvenuto quello che si sapeva da tempo: la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore della Repubblica. E oggi appare vano tutto quanto è riuscito a frapporre il Cavaliere per non arrivare al voto di mercoledì scorso, che decretava la fine della sua attività parlamentare e forse delle sorti di Forza Italia. Ma conoscendolo, chi pensa di averlo fatto fuori definitivamente dalla scena politica italiana commette un grave errore. “Il piazzista di Arcore”, così come lo definisce La Repubblica, venderà cara la pelle dentro e fuori le istituzioni. La sua forza elettorale mostrata ancora una volta dai sondaggi, la recessione economica, la “fame” di riforme dello Stato, il fardello di “pesi” impostoci dall’UE, consentiranno al Cavaliere di dimostrare che la vicenda politica italiana lo vedrà ancora una volta protagonista. E sarà una bella “rogna” per Letta ed Alfano. Il primo contraccolpo è stato già dato con l’uscita ufficiale dalla maggioranza di Fi, provocando la riduzione della compagine parlamentare che sostiene il Governo; rimasta con soli sei voti in più al Senato. Una mossa, invero, promessa da tempo dal Cavaliere, che mai avrebbe accettato il duplice ruolo di decaduto e di sostenitore di un Esecutivo che poco o nulla avrebbe fatto per salvarlo, con l’intento di far cadere il Governo e trascinare il Paese verso elezioni anticipate. Questo è quello che voleva Berlusconi, ma non i berluscones della prima ora capeggiati da Angelino Alfano, che alcuni giorni prima avevano dato vita al “Nuovo centrodestra”.
Ora appare chiaro che la fiducia data dal Cavaliere al Governo Letta il due ottobre era opportunistica. Voleva evitare la scissione, tentare il recupero di Alfano e andare alle urne col partito coeso. Tutto ciò per allontanare la sua decadenza, restare un monolite della politica italiana e (per gli avversari) continuare a mesmerizzare gli italiani. Eppure Berlusconi ha sempre creduto alle larghe intese, perché ne ravvisava la grande forza riformatrice nei momenti difficili del nostro Paese. All’indomani delle politiche del 2006, che sancirono la vittoria del centro-sinistra, avanzò una proposta al vincitore Romano Prodi: quella di un governo di larghe intese. Nasceva dalla constatazione che il governo che si andava a formare aveva una buona maggioranza alla Camera, ma una risicata di appena due voti al Senato. Una condizione che non poteva assicurare lunga vita al neo governo Prodi ed il varo di quelle riforme mai fatte. L’esperienza alemanna di un governo a guida Merkel-Schroeder, ovvero di due partiti da sempre contrapposti, durato dal 2005 al 2009, con risultati più che soddisfacenti, non rendevano indecente la profferta del Cavaliere. E guarda caso: qualche giorno fa un nuovo governo di larghe intese è stato sancito in Germania tra la Merkel e i suoi avversari. Quella proposta apparve trasformistica e fu rigettata. Ma il governo Prodi durò meno di due anni: per il forte condizionamento della sinistra radicale che lo limitava sul piano propositivo e legislativo, e per essere “inciampato” sulle dimissioni del ministro di Giustizia Mastella, inquisito con la moglie dalla magistratura. Ora è toccato al Cavaliere non credere alle larghe intese e a romperle. Non poteva essere diversamente: i partiti italiani, molto spesso, hanno sempre anteposto gli interessi di parte a quelli degli italiani. E’ un male essere “tarantolati” dal potere, non c’è antidoto che lo possa vanificare. Dalla recente vicenda politica dovremmo ora aspettarci: il tentativo del Governo in carica di restare in piedi, quello del Cavaliere di abbatterlo, quello di Matteo Renzi, dopo l’elezione a segretario, di imporgli il suo marchio, quello di Alfano e soci, che hanno abbandonato la “casa del padre”, di non farsi mettere all’angolo; il tutto commisto ad un “accanimento” giudiziario al Cavaliere, che non dovrebbe tardare e che non placherà gli animi. L’Italia è arrivata al punto di non ritorno. Speriamo possa arrivare il tempo della cultura istituzionale: i partiti si combattano, ma lavorino assieme per affrontare i gravi problemi del Paese.
Rogero Fiorentino