Le bare allineate all’interno dell’hangar. Su ogni bara un fiore. Tre bare bianche davanti tutte le altre. Il rappresentante della Chiesa indossa la stola. Accanto a lui, un piccolo drappello di politici. Loro, gli “extracomunitari”, stanno tutti schierati dietro. In ordine, composti, addolorati. Nei loro volti di sopravvissuti al naufragio, di familiari delle oltre 360 vittime, si legge il ricordo doloroso di aver visto morire un proprio caro, l’angoscia di non farcela a sopravvivere, l’attesa dell’arrivo dei morti recuperati a distanza di tantissime ore dai sommozzatori che hanno lavorato alacremente per strappare al mare i resti dei più sfortunati.
Non ci sono i rappresentanti di culti religiosi, ad eccezione di quello cattolico. Non ci sono vescovi e neppure il cast dei politici nazionali. Per fortuna, non sono presenti nemmeno i rappresentanti del governo eritreo e dell’Ambasciata del paese africano.
Non ci sono corone di fiori. Ci sono le bare, ci sono i familiari delle vittime, ci sono i sopravvissuti al naufragio. C’è il dolore, quello vero, come vere sono le lacrime che scendono lungo i visi. C’è la commozione. Quella degli uomini che hanno assistito e dato conforto ai superstiti. Questo è quello che nessuno, tranne i presenti, ha visto e che oggi vi mostriamo con questa foto inedita.
Poi, c’è stata la farsa. La promessa dei funerali di Stato. La notizia riportata dalla stampa dei “funerali solenni” celebrati ad Agrigento alla presenza di varie alte autorità. Ma di quali funerali stiamo parlando? Di funerali senza vittime nè familiari? Di funerali-passerella per i politici? Quello che ieri si è svolto ad Agrigento è stato il funerale del buon senso, del decoro, della coscienza, dei sentimenti.
I corpi erano già nelle bare in tombe senza nomi. Soltanto numeri. Sono i morti senza identità o ai quali non è stato concesso di possederne una. Sono i morti che hanno soltanto dato l’occasione a chi voleva speculare su una tragedia immane. A chi cercava la ribalta.
Ad Agrigento non c’erano i 157 sopravvissuti al naufragio, non c’erano i parenti delle vittime. Non erano stati invitati. C’era lo Stato in pompa magna. E c’erano anche i rappresentanti del governo eritreo. Quello stesso governo dal quale i migranti erano fuggiti per poi trovare la morte lungo le nostre coste. Già, a piangere i morti c’erano loro e non i familiari delle vittime.
I conti non tornano. Qualcosa non va. Perché questa farsa? Forse perché erano stati promessi funerali di Stato che poi non andavano fatti? Forse a causa delle polemiche che ne erano scaturite? E perché, se è pur vero che i diplomatici eritrei sono accreditati come tali e quindi meritano questo riconoscimento, il Governo italiano non mette fine ai rapporti politici ed eventualmente economici con una delle peggiori dittature al mondo? O vogliamo “invitare” i rappresentanti della dittatura in occasione di altri prossimi funerali? Vogliamo vedere ancora funzionari di quel governo aggirarsi tra i profughi per cercare di riconoscerli e segnalarli alle loro autorità, così come è già accaduto?
Una farsa. Solo una grottesca farsa. Ma tant’è, il funerale di Stato è bello e servito.
Poco importa ai 157 sopravvissuti. Loro, i propri cari, i propri sfortunati compagni di viaggio, li hanno salutati già. Li hanno salutati nell’hangar di Lampedusa. Li hanno pianti in silenzio, lontani dalle luci della ribalta, con i pochi presenti. Niente tv, niente giornali, niente “farsa”. A loro non serviva…
Gian J. Morici
Immagini da Lampedusa:
Agrigento – “Funerali di Stato: