Non era una solitudine come tante altre quella.
Era l’assenza di una presenza che avrebbe dovuto esserci ma non c’era.
E avrebbe voluto che ci fosse in quel preciso istante, attimo, momento, giorno. Perché era allora che ne sentiva la mancanza ed il bisogno.
C’era quel vuoto che era brusio di rancori, ricordi, pensieri, sogni.
Echi di loro.
Frastuoni di mondi accennati in destini perfettamente combacianti ma sospesi.
Era una solitudine diversa quella che stava vivendo e che doveva ancora decifrare, elaborare, fotografare, sviluppare.
E già temeva di rimanere a fissare i negativi di quei fotogrammi, in una camera oscura come il mondo che le vorticava attorno.
Prese la sua chitarra per riempire quel vuoto di musica e armonia.
Silenzio.
Note mute, perse, cadute, arrese.
Non c’era più neanche la sua musica a dar voce a quell’anima sospesa.
Nessuno strumento avrebbe potuto suonare il suo silenzio, il vuoto non aveva note né sfumature di colori invisibili.
Non aveva mai strimpellato l’assenza, quello che ne usciva non era musica ma solo il brusio di rancori, ricordi, pensieri, sogni.
E silenzio.
Stefania Lastoria
Foto di Adolfo Valente
silenzi che diventano musica al divagar di pensieri arresi alla poesia della loro bellezza.
Pagine d’amore mai sazie della loro purezza, nell’umile respiro di un cuore che ascolta la melodia della vita.
Sempre bravissima Stefy, complimenti di cuore! (:-))