Per il Segretario alla Difesa americana, l’ultimo giorno trascorso da capo del Pentagono non è stato certo un bel giorno.
Il Segretario alla Difesa Leon Panetta e il generale dell’esercito Martin Dempsey, sono infatti stati chiamati a spiegare dinanzi al Congresso cosa accadde la notte in cui a Bengasi (Libia) persero la vita l’ambasciatore americano Christopher Stevens e altre tre persone.
Un evento che avevamo già indicato come “annunciato”, che successivamente venne confermato come tale in un articolo pubblicato dal The Independent di Londra, che citando una fonte anonima ha reso noto come l’intelligence americana almeno 48h prima dell’evento fosse a conoscenza del rischio di possibili attentati a Bengasi e all’Ambasciata al Cairo.
Notizie successivamente smentite dal portavoce della Casa Bianca, Jay Carney: ‘Questo è assolutamente falso, non siamo a conoscenza di alcuna segnalazione da parte dell’intelligence che indicasse come imminente o già pianificato un attacco a Bengasi’.
A distanza di cinque mesi, a tornare sull’argomento è il Congresso degli Stati Uniti.
Durante le oltre quattro ore di deposizioni, Panetta e Dempsey hanno descritto due diverse azioni di guerra verificatesi a sei ore di distanza l’una dall’altra, che non avrebbero consentito alle unità speciali di intervenire in tempo utile.
Tra mezzanotte e le 2 del mattino dell’11 settembre 2012, secondo quanto ricostruito da due Marine squadre anti-terrorismo con sede a Rota, Spagna, il Segretario Panetta diede ordine di preparare un intervento in Libia, comandando ad una squadra di forze speciali in Europa centrale e un altro gruppo di operazioni speciali in forza negli Stati Uniti di prepararsi all’operazione che avrebbe avuto come prima base l’Europa per poi raggiungere la Libia.
A distanza di molte ore, la squadra operazioni speciali atterrò alla Naval Air Station di Sigonella in Sicilia, ma nessun militare statunitense raggiunse il territorio libico se non dopo che l’attacco era terminato e gli americani portati fuori dal paese.
La Difesa americana ha fatto presente al Congresso che se anche l’esercito avesse ottenuto subito le unità necessarie non sarebbe cambiato nulla in quanto non sarebbero comunque riusciti a salvare i quattro americani.
Sotto la raffica di domande di alcuni repubblicani, il segretario Panetta e il generale Dempsey hanno dovuto riferire del loro incontro con il presidente Barack Obama e dei timori dello stesso per la sorte degli americani presenti a Bengasi.
In considerazione del fatto che la prima unità militare è arrivata a Bengasi ben 15 ore dopo l’attacco, è stato chiesto cosa si propone di fare il Pentagono per evitare che debbano ripetersi eventi simili.
A rispondere alle domande, Dempsey, che ha dichiarato come le forze armate americane stanno già predisponendo piccole task force mare-aria-terra dislocate in tutto il mondo ed in grado d’intervenire immediatamente nelle zone di crisi.
La questione della morte dell’ambasciatore americano farà discutere ancora molto a lungo. Tanto più se si dovesse appurare – così come vorrebbero i rumors – che da Sigonella sarebbe stato possibile intervenire fin dal primo allarme, e che a Bengasi erano presenti uomini dell’intelligence americana.
Non meno sorprendente la presenza di mezzi della Marina degli Stati Uniti – con a bordo un contingente di marines – nella zona orientale della Libia, tra Tobruk e Derna, poche ore dopo i fatti di Bengasi.
Se sono servite oltre 15 ore affinchè truppe aviotrasportate giungessero in Libia, come mai solo poche ore dopo l’evento i mezzi della marina si trovavano già sui luoghi, senza che venisse chiesto loro d’intervenire?
A cosa sarebbero dovuti servire i marines se non a proteggere la vita degli americani presenti in Libia?
Una bella domanda da porre, che pure i membri del Congresso si son lasciati sfuggire…
Gian J. Morici